Affreschi del IV secolo dopo Cristo “immersi” nelle infiltrazioni d’acqua, lapidi alla rinfusa sul pavimento in terra battuta, sarcofagi, capitelli istoriati ancora pieni del fango dal quale sono stati estratti, e la sorpresa finale: un sarcofago aperto con decine di femori e altre ossa umane, esposte. Benvenuti nella basilica paleocristiana di San Crisogono a Roma, una dei primi “tituli” cristiani, la cui prima menzione risale al 499 ma costruita prima, nel IV secolo, sotto Papa Silvestro I (314-335) e continuamente rifatta, fino ad arrivare ai giorni nostri. La basilica trasteverina moderna nasconde nelle sue viscere quella paleocristiana, di estensione probabilmente maggiore rispetto a quella sovrastante; per visitarla basta chiedere al custode, che apre per 3 euro la porticina che dalla sacrestia porta ai sotterranei.
Lì si svela il tesoro, a partire dall’abside: che è ancora oggi decorato con affreschi incredibilmente vividi, anche se immersi in un’umidità probabilmente del 100%, con il Tevere a pochi passi da lì. Un sopralluogo dell’Adnkronos in compagnia di una restauratrice specializzata, Carlotta Nobile, mostra nei dettagli il degrado in cui è lasciata la basilica, una delle migliaia di chiese in carico al Fec, fondo edifici di culto, del ministero dell’Interno. Il titolo è retto dai padri Trinitari, ordine mendicante di diritto pontificio, e attualmente è vacante la carica di titolare.
A colpire soprattutto è il sarcofago, uno dei tanti, appoggiato a uno degli ultimi muri della basilica paleocristiana: ossa umane alla rinfusa, principalmente femori. Atmosfera ‘gothic’ assicurata in un attimo; ma in realtà, spiega la restauratrice, a dover colpire maggiormente è lo stato di abbandono degli affreschi, che dopo aver risucchiato acqua per secoli hanno una patina di calcare evidente lungo una buona parte dell’estensione, e altri danni collaterali.
Impressionante tuttavia la freschezza e la vivacità dei colori e delle immagini, che meriterebbero ben altra sorte e soprattutto cura. I pavimenti lasciano intravedere la tecnica costruttiva, con giochi di laterizi che originariamente dovevano sostenere superfici marmoree e mosaici, a tratti ancora visibili, e i cui scarsi resti sono accatastati lungo le pareti o sotto le volte, a che a “disposizione” di improvvisati cacciatori di souvenir.
Lapidi disseminate qui e lì, alcune risalenti al periodo della prima costruizione, contribuiscono all’aria di fascino trasandato dell’antichissima basilica, mantenuta in assetto dai lavori del primo Novecento e da quelli seguenti, con interventi anche grossolani di mantenimento con il cemento dei margini degli affreschi.