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martedì 18 settembre 2012

S.Crisogono a Roma, nel degrado la basilica ipogea del IV secolo

 
Affreschi del IV secolo dopo Cristo “immersi” nelle infiltrazioni d’acqua, lapidi alla rinfusa sul pavimento in terra battuta, sarcofagi, capitelli istoriati ancora pieni del fango dal quale sono stati estratti, e la sorpresa finale: un sarcofago aperto con decine di femori e altre ossa umane, esposte. Benvenuti nella basilica paleocristiana di San Crisogono a Roma, una dei primi “tituli” cristiani, la cui prima menzione risale al 499 ma costruita prima, nel IV secolo, sotto Papa Silvestro I (314-335) e continuamente rifatta, fino ad arrivare ai giorni nostri. La basilica trasteverina moderna nasconde nelle sue viscere quella paleocristiana, di estensione probabilmente maggiore rispetto a quella sovrastante; per visitarla basta chiedere al custode, che apre per 3 euro la porticina che dalla sacrestia porta ai sotterranei.
Lì si svela il tesoro, a partire dall’abside: che è ancora oggi decorato con affreschi incredibilmente vividi, anche se immersi in un’umidità probabilmente del 100%, con il Tevere a pochi passi da lì. Un sopralluogo dell’Adnkronos in compagnia di una restauratrice specializzata, Carlotta Nobile, mostra nei dettagli il degrado in cui è lasciata la basilica, una delle migliaia di chiese in carico al Fec, fondo edifici di culto, del ministero dell’Interno. Il titolo è retto dai padri Trinitari, ordine mendicante di diritto pontificio, e attualmente è vacante la carica di titolare.
A colpire soprattutto è il sarcofago, uno dei tanti, appoggiato a uno degli ultimi muri della basilica paleocristiana: ossa umane alla rinfusa, principalmente femori. Atmosfera ‘gothic’ assicurata in un attimo; ma in realtà, spiega la restauratrice, a dover colpire maggiormente è lo stato di abbandono degli affreschi, che dopo aver risucchiato acqua per secoli hanno una patina di calcare evidente lungo una buona parte dell’estensione, e altri danni collaterali.
Impressionante tuttavia la freschezza e la vivacità dei colori e delle immagini, che meriterebbero ben altra sorte e soprattutto cura. I pavimenti lasciano intravedere la tecnica costruttiva, con giochi di laterizi che originariamente dovevano sostenere superfici marmoree e mosaici, a tratti ancora visibili, e i cui scarsi resti sono accatastati lungo le pareti o sotto le volte, a che a “disposizione” di improvvisati cacciatori di souvenir.
Lapidi disseminate qui e lì, alcune risalenti al periodo della prima costruizione, contribuiscono all’aria di fascino trasandato dell’antichissima basilica, mantenuta in assetto dai lavori del primo Novecento e da quelli seguenti, con interventi anche grossolani di mantenimento con il cemento dei margini degli affreschi.