testo -->

sabato 30 agosto 2014

Storico dell’arte a Los Angeles. “Volo negli Usa perché in Italia ci siamo arresi”

Il Los Angeles Times ha dato grande risalto alla notizia che il Getty Museum ha scelto un italiano per uno dei suoi ruoli più importanti, quello di Responsabile delle collezioni di pittura. E la notizia dovrebbe interessare molto anche i nostri giornali, perché quell’italiano è lo storico dell’arte Davide Gasparotto, nato nel 1965, perfezionatosi alla Normale di Pisa, da 15 anni esemplare funzionario di ruolo nelle soprintendenze e oggi affermato studioso e brillante direttore della Galleria Estense di Modena. Si tratta di una “fuga di cervello” non dettata dalla mancanza di lavoro, ma dalla ricerca di condizioni migliori per realizzare il proprio lavoro: una scelta che dovrebbe far suonare tutti i possibili campanelli d’allarme per l’opinione pubblica e per i vertici dei Beni culturali. Ed è proprio per questo che è importante ascoltare le ragioni di Gasparotto.

Cosa vuol dire lasciare l’Italia, per uno storico dell’arte? 
Non è facile. Significa lasciare una delle cose più importanti: la possibilità di vivere immersi nel tessuto connettivo che riunisce le opere al territorio, i documenti ai monumenti, i monumenti al paesaggio. Solo qua si capisce fino in fondo il senso delle opere italiane di cui mi occuperò al Getty. E a Los Angeles non mi basterà uscire di casa per trovarmi immerso nella mia materia di studio.

Qual è stato il motivo decisivo che ha comunque condotto a questa scelta? E come è diverso il mestiere di conservatore negli Stati Uniti? 
È stato fondamentale ciò che in Italia non posso avere: e cioè la possibilità e la certezza di concepire, sviluppare e portare a compimento un progetto. Con tutto il necessario supporto economico, e di professionalità e saperi, da parte dell’istituzione. Il mestiere è lo stesso: si tratta di curare, conservare, esporre e far conoscere la collezione. Una collezione – ma questa è, invece, una differenza fondamentale – che andrà anche ampliata con acquisti, e cioè costruita: una grande sfida.

Quanto ha contato il vergognoso stipendio dei funzionari italiani? 
Relativamente poco: tolte le grandi spese per le assicurazioni sanitarie e sociali, e quelle per la casa, il mio tenore di vita non sarà straordinariamente superiore a quello attuale.

Cosa bisognerebbe cambiare nel modello italiano di tutela? 
È un modello glorioso, che però è stato reso troppo bizantino e ingessato. Un modello che deresponsabilizza e demotiva: ci vorrebbe una maggiore autonomia per tutte le strutture, ma collegata a una responsabilità vera. Con premi e avanzamenti di carriera veri per chi fa bene, e veri sbarramenti e vere censure per chi fa danni. Dei quali oggi non c’è la minima traccia.

La riorganizzazione del ministero proposta dal ministro Franceschini va nella direzione giusta? 
Non sono tra i contrari, ma ho qualche dubbio. Separare il museo dal territorio presenta alcuni rischi, e una volta deciso di correrli si sarebbe potuto, e forse dovuto, andare fino in fondo. Il grande problema dei musei italiani è che il direttore non conta niente: se deve restaurare un quadro, o concederlo in prestito, deve chiedere l’autorizzazione al suo capo, il soprintendente. E questo la riforma non ha avuto il coraggio di cambiarlo. Se i musei saranno diretti da storici dell’arte (come accade in America e come dovrà continuare ad accadere anche qua), allora devono avere una vera sovranità anche per la tutela.

A quali condizioni tornerebbe in Italia? 
A due condizioni. La prima è che si torni a investire nelle risorse umane per i beni culturali. Cosa che nessuna riforma ha fatto, e nemmeno questa fa. Lascio colleghi spesso di straordinaria professionalità, ma anche straordinariamente frustrati da un’amministrazione incapace di valorizzare il suo più importante capitale. E la seconda condizione sarebbe che la primaria funzione del patrimonio culturale torni a essere la ricerca e l’educazione. Come accade ai musei americani, e come da troppo tempo non accade più da noi. Il fine statutario del museo Getty è fare research and education (ricerca ed educazione). Noi l’abbiamo dimenticato.

da Il Fatto Quotidiano del 27 agosto 2014

giovedì 28 agosto 2014

Dove sono i Bronzi di Riace?

RIACE

La vicenda dei "bronzi di Riace" pone un problema molto complesso. Uno dei fenomeni più importanti dell'età moderna è il fatto che l' "Opera d'Arte", immessa nel campo dell' Estetica, diviene un oggetto dell'esperienza vissuta. 
Un'espressione della vita e del fare dell' Uomo. E il "Fare dell' Uomo" viene concepito ed eseguito come Cultura. 
La Cultura, lo dice la parola stessa è la COLTIVAZIONE e la cura dei beni più alti e importanti dell' uomo. Questa "cura della coltivazione" finisce per coltivare anche sé stessa.
La COLTIVAZIONE della cultura si chiama POLITICA CULTURALE. Va da sé, dunque, che il Ministero della Cultura è il Ministero più importante di un Paese che abbia come fine della sua politica il bene dell' uomo. 
Ora, qual è la casa di un'OPERA D' ARTE intesa come altissimo bene degli uomini?
Sono stato diverse volte a Reggio Calabria, ci sono dei carissimi amici, la città è bellissima, il mare è magnifico, le spiagge attrezzate, meravigliose bancarelle di frutta, un teatro stupendo e un pubblico fantastico. E poi c'è il museo archeologico che contiene opere uniche. Stupefacenti. È un Museo unico. E poi ci sono i Bronzi di Riace.
Tutti i giorni, quando sono a Reggio Calabria, vado al Museo. Può darsi che io ci sia sempre andato a orari strani e abbia trovato il Museo un po' vuoto... Io ho orari un po' strani, faccio il teatro. Però, tutte le volte, mi sono detto: "Certo, se i Bronzi, invece che qui, stessero a New York sarebbero visti da milioni di persone." Ma ero felice. Ero tutto solo a guardare, per tutta la mattina, i Bronzi!
Al Louvre, la Gioconda è inavvicinabile e devi fare a gomitate con orribili turisti armati (è la parola) di macchinette fotografiche. Un giorno, al Museo archeologico è arrivata una scolaresca. Una ventina di persone. Studenti e una professoressa. Scuole medie superiori. Tre ragazzi assolutamente distratti davano le spalle ai Bronzi (è una scelta). Altri appena disciplinati. Due (è il numero vero) attentissimi. Mi sono detto che fosse una media alta i due ragazzi attentissimi che ascoltavano la spiegazione, un po' scolastica ma appassionata dell'insegnante. E mi sono fermato ad ascoltare. Bellissimo, mi sentivo uno scolaro privilegiato di quindici anni! Vedevo i bronzi di Riace. Se fossi stato uno studente di New York non avrei avuto lo stesso privilegio.
I Bronzi sono un abisso, al di là dell'opera in sé stessa. In essi si può cogliere un granello del mistero di quell'evento sconvolgente nella storia dell' Umanità che si chiama La Romanizzazione della Grecità e che è l' Occidente che si è diffuso su tutta la terra e che ora è al suo Tramonto. D'altra parte Occidente vuol dire Terra del Tramonto.
I Bronzi sono uno "specchio" che riflette una "certa nostra Origine". Per questo, credo e potrei sbagliare di grosso, che i Bronzi debbano essere visti ovunque e più che si può e dal numero più alto di esseri umani. E dovrebbero essere esposti uno da un lato e uno dall'altro. Ma non con lo sguardo verso il pubblico. Dovrebbero guardarsi tra loro i due guerrieri. Amici? Rivali? Ci sono varie interpretazioni. E tra "loro", se io avessi il potere che non ho, con un gesto davvero di nobile generosità, metterei, all'altezza del petto dei Bronzi, la strepitosa Testa del filosofo. Perché dal "Pensiero dell' Essere" è nato tutto quello che è nato.

Concorso fotografico : Saluti da..

Saluti da

Saluti da… è il nuovo concorso fotografico organizzato dalle pagine social del MiBACT per valorizzare il patrimonio culturale italiano. 

Regolamento. Se hai più di 18 anni inviaci la foto “da cartolina” più bella e più significativa delle tue vacanze in Italia (borghi, città d'arte, musei e aree archeologiche MiBACT, centri storici, etc. a esclusione delle sole spiagge) corredata di una breve didascalia (luogo, data, nome e cognome dell'autore della fotografia e indirizzo e-mail). La cartolina può essere anche la composizione di più fotografie. Puoi inviare entro il 31 agosto 2014. Ogni giorno, a partire dal 7 agosto 2014 e per tutto il mese, inseriremo le ‘cartoline’ ricevute in un album fotografico sulla pagina facebook del MiBACT (www.facebook.com/MiBACT). Potrai votare la tua preferita cliccando “mi piace” fino al giorno 7 settembre 2014. 

Premio. La ‘cartolina’ con più "mi piace" sarà premiata il giorno 11 settembre e l'autore diventerà “AMICO” del MiBACT ricevendo l'esclusiva card per accedere per un anno gratuitamente ai luoghi della cultura statali italiani. Invia la tua ‘cartolina’ a info.fb@beniculturali.it 

Responsabilità. Le ‘cartoline’ devono essere originali, inedite, non in corso di pubblicazione, non ledere diritti di terzi e non devono comprendere persone in primo piano o pubblicità, pena l’esclusione. Fatta salva la proprietà intellettuale delle ‘cartoline’ che rimane all’autore, il MiBACT si riserva il diritto all’utilizzo gratuito delle immagini, a scopi divulgativi, promozionali e della valorizzazione del patrimonio culturale, con la citazione dell’autore. Ogni partecipante è responsabile dell’ oggetto della sua immagine e pertanto si impegna ad escludere ogni responsabilità civile e penale del MiBACT nei confronti di terzi. 

Trattamento dei dati personali. Ai sensi del Decreto legislativo 196/2003, i dati personali forniti dai vincitori sono raccolti ai soli fini della procedura di aggiudicazione del premio. L’interessato ha diritto di accesso ai dati che lo riguardano, nonché di far rettificare, aggiornare, completare o cancellare i dati erronei, incompleti o raccolti in termini non conformi alla legge. 

hashtag #salutida

mercoledì 27 agosto 2014

A Cena con i Goti


Ascolta l'Arte, ogni lunedì su Radio Toscana


Dopo la pausa estiva del mese di agosto, dal 1° settembre riprende “Ascolta l’arte”, ciclo di incontri/interviste radiofonici programmati ogni lunedì alle 10.45 con direttori dei musei, operatori del settore, storici dell’arte. L’appuntamento è sulle frequenze di Radio Toscana (fm 104,7 un marchio di proprietà di Radio Monte Serra srl).
Inaugurata lo scorso giugno, l’iniziativa scaturisce dalla collaborazione tra la stessa emittente fiorentina, la Soprintendenza per il Polo museale Fiorentino e la società Opera Laboratori Fiorentini-Civita Group, capofila dell’associazione temporanea d’imprese concessionaria dei servizi dello stesso Polo. 
“Ascoltalarte” prevede il dialogo tra il conduttore del programma e il suo ospite (direttore di museo, storico d’arte, restauratore, operatore di giardino storico, organizzatore di mostre) che in 15 minuti cercheranno di trasmettere al pubblico tutta la passione per il loro lavoro e le loro conoscenze. Ogni settimana l’esperto condurrà l’ascoltatore alla scoperta dei segreti delle nostre principali sedi culturali, raccontando aneddoti e curiosità, dialogando con gli ascoltatori col chiaro 
intento di avvicinarli al nostro grande “museo diffuso”.
Ai microfoni di Radio Toscana, nel mese di settembre si alterneranno: il direttore della Galleria degli Uffizi, Antonio Natali (il 1°); la direttrice della Sezione Didattica del Polo Museale Fiorentino, Maria Paola Masini (l’8); il direttore della Galleria dell’Accademia, Angelo Tartuferi (il 15); il responsabile della segreteria della Soprintendenza per il Polo Museale Fiorentino, Marco Fossi (il 22); e il responsabile dei servizi tecnici di Palazzo Pitti e Giardino di Boboli, Mauro Linari (il 29). 
Ogni incontro, che a rotazione sarà condotto dagli speaker dell’emittente di via dei Pucci, si svolgerà in diretta. 

martedì 26 agosto 2014

Leonardo Da Vinci, l'autoritratto del genio rischia di sparire


leonardo

Uno dei capolavori di Leonardo da Vinci, disegnato nei primi anni del 1500, è in pessime condizioni e rischi di sparire. Si tratta del celebra autoritratto del genio. Realizzato con la tecnica della sanguigna, l'opera d'arte è stata sposta per secoli all'umidità e ad ambienti chiusi; un combo che ha fatto ingiallire e scurire la carta, riducendo così il contrasto dei chiaroscuri e la visibilità del disegno. Così glin bstudiosi hanno messo appunto una tecnica innovativa che rallentasse ed arrestasse il processo di degrado.
Il nuovo metodo offre la chiave per controllare il processo di degradazione di documenti antichi e per salvare opere d'arte importanti. A mettere a punto la tecnica è la ricerca nata dalla collaborazione fra Italia e Polonia e pubblicata sulla rivista Applied Physics Letters. Per determinare il tasso di degradazione dell'opera, i ricercatori hanno sviluppato un approccio non distruttivo che identifica e quantifica la concentrazione nella carta delle molecole che assorbono la luce, chiamate cromofori e responsabili dell'ingiallimento della cellulosa di documenti antichi e opere d'arte.
Lo hanno fatto usando la tecnica della spettroscopia di riflettanza e simulazioni al computer basate sulla meccanica quantistica, con cui hanno calcolato lo spettro di assorbimento ottico dei cromofori nella cellulosa. "Con questo approccio sappiamo valutare lo stato di decomposizione dell'autoritratto di Leonardo e di altre opere su carta, come libri antichi, del 15/o secolo", spiega Adriano Mosca Conte, dell'università di Roma Tor Vergata.
I cromofori presenti nell'Autoritratto di Leonardo sono simili a quelli individuati ne campioni di carta, moderni e antichi, invecchiati in condizioni di forte umidità o in ambienti chiusi. Una delle implicazioni più importanti della ricerca è che lo stato di degradazione delle opere antiche in carta può essere misurato e quantificato valutando la concentrazione di cromofori nelle fibre di cellulosa.

Riforma Franceschini, breve storia dei beni culturali

La riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo promossa dal ministro Franceschini è destinata a incidere profondamente sul destino futuro del comparto "Belle Arti" nel nostro Paese. Mentre la riforma viene varata si può utilmente ripensare alla storia di tale comparto. A questo argomento cruciale per lo sviluppo del lavoro nel nostro Paese, vorrei dedicare alcuni interventi, quasi a titolo di breve storia dei beni culturali.

Fino al 1974 non esisteva un Ministero per i beni culturali in Italia, che comprendesse tutte insieme le competenze delle cosiddette "Belle Arti", degli Archivi di Stato, delle Biblioteche pubbliche statali, dello Spettacolo, del Cinema, della Musica, del Turismo, del Paesaggio. Queste competenze sono state aggregate lentamente nel corso del tempo nel nome di una omogeneità concettuale, denominabile "beni culturali" materiali e immateriali, che inizialmente stentò a essere riconosciuta.

Prima della istituzione nel 1974 del Ministero per i beni culturali e ambientali (che poi muterà progressivamente nome inglobando le "attività culturali" e il "turismo", e mutando l'iniziale dicitura "per i beni ecc." in "dei beni ecc.") le competenze delle Belle Arti, cioè la tutela e fruizione delle opere d'arte, dei musei, delle architetture storiche, dell'archeologia, con qualche estensione alle arti e tradizioni popolari, erano assegnate a una Direzione Generale del Ministero della Pubblica Istruzione, chiamata Direzione Generale Antichità e Belle Arti. Da questa dipendevano soprattutto le Soprintendenze distribuite sul tutto il territorio nazionale divise in "alle gallerie e opere d' arte" (cioè il patrimonio artistico nei musei, nelle chiese, nei palazzi) "ai monumenti", (cioè la tutela degli edifici storici, la conservazione del patrimonio urbano e ambientale) e "alle antichità" (le aree archeologiche e i musei archeologici). Per il resto gli Archivi erano sotto il Ministero dell' Interno, le Biblioteche erano pure di spettanza della Pubblica Istruzione, il mondo dello spettacolo nelle sue molte articolazioni era regolamentato da norme specifiche e per lo più vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri curatrice anche di alcuni aspetti del comparto editoria, e il Turismo era gestito dall'Ente Nazionale Italiano per il Turismo, poi nel corso del tempo più volte modificato nelle sue strutture interne e di riferimento politico.

Nella discussione teoretica tra esperti le Belle Arti erano considerate patrimonio pubblico della Nazione sia che la proprietà delle "cose d' arte" (così erano definite in sede giuridica) spettasse al Ministero dell' Interno, sia che spettasse a Enti ecclesiastici o Enti locali, escludendo soltanto le proprietà extraterritorali vaticane perché non appartenenti allo Stato italiano. Il patrimonio rinvenuto nel sottosuolo o sotto il mare era demaniale per principio (norma rimasta vigente), e quello privato poteva essere sottoposto dal Ministero al vincolo definito "di importante interesse" che, senza lederne il diritto di proprietà, consentiva allo Stato di esercitare anche in quel settore la tutela e la conservazione vietando nel contempo l'espatrio di beni mobili vincolati, regola anche questa sempre vigente pur nel nuovo assetto europeo.

Tale situazione riflette bene la cultura italiana degli anni cinquanta e sessanta, epoca di grandi fervori e di ancora intatta creatività nel nostro Paese, per comprendere bene i motivi della necessità che il legislatore avvertì, nel passaggio cruciale agli anni settanta del Novecento, della creazione di un Ministero apposito di cui l' Italia doveva dotarsi per onorare al meglio il dettato costituzionale e la sua stessa essenza di terra di cultura e conservazione delle cose d'arte, bene prezioso per la collettività, da cui scaturì la formulazione del concetto stesso di "bene culturale" sconosciuto fino al primo dopoguerra ma poi lentamente elaborato in un dibattito storico, filosofico e giuridico degno di memoria e rispetto profondo.

sabato 23 agosto 2014

Mibac e Anci insieme per la tutela dei beni culturali

Il ministero dei Beni culturali e l’Associazione nazionale dei comuni italiani alzano il tiro delle politiche da attuare a difesa del nostro patrimonio culturale. Oggi pomeriggio è stato firmato a Roma, al Tempio di Adriano, da Dario Franceschini e dal presidente dell’Anci, Piero Fassino, un protocollo d’intesa volto a individuare nuovi e più efficienti modelli di cooperazione interistituzionale per incrementare l’efficienza delle politiche territoriali di tutela e valorizzazione dei beni culturali, di promozione della cultura e di rilancio del turismo. Il protocollo, definito dal ministro Franceschini un ”patto con i comuni per la valorizzazione dei beni culturali con cui integrare le politiche di promozione rendendo così centrale la cultura nella politica del paese” persegue l’obiettivo di coordinare l’integrazione tra le strutture statali e civiche, con particolare riferimento alle forme di gestione, alle politiche degli orari dei musei e dei siti d’interesse culturale, alla bigliettazione integrata, alla fruizione del patrimonio, al decoro delle città anche attraverso la creazione di poli museali cittadini comprendenti musei statali, comunali e anche altri musei pubblici e privati.
Tra gli obiettivi messi in cantiere dal protocollo, c’è anche la realizzazione di campagne nazionali di comunicazione e promozione del patrimonio delle mostre e degli eventi. Il protocollo, che prevede l’istituzione di un tavolo permanente composto da sei componenti, designati da ciascuna delle parti, si pone l’obiettivo, poi, di sviluppare azioni di rafforzamento delle donazioni private in favore della cultura e delle capacità di fundraising delle istituzioni culturali e di realizzare e sostenere progetti di sviluppo e miglioramento dell’offerta turistica dei territori valorizzando la varietà delle destinazione turistiche italiane.

Doppio appuntamento al Cassero della Fortezza Medicea di Poggibonsi



venerdì 22 agosto 2014

''Bronzi a rischio per restauri non per trasferta a Milano''



<p>
<?EM-dummyText Didascalia>

</p>

Bronzi di Riace "sono trasportabilissimi, con tutte le cautele che le opere d'arte chiedono". E "chi si preoccupa della fragilità dei Bronzi avrebbe dovuto avere il buon senso di non sottoporli a un terzo traumatico restauro in poco più di trent'anni, tanto più inutile e pericoloso di un trasferimento. Confidando nel buon senso e nella responsabilità del ministro, non abbiamo dubbi che la richiesta di prestito verrà accolta". 

A scriverlo al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini sono il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni e l'ambasciatore per la Regione delle Belle Arti per Expo, Vittorio Sgarbi, che oggi hanno tenuto una conferenza stampa a Milano, ribadendo la volontà di chiedere il trasferimento dei Bronzi nel capoluogo lombardo per Expo 2015.
Sgarbi ha stimato in "5 mln di euro" la parte di introiti provenienti dalla vendita dei biglietti per la visita dei monumenti che potrebbe essere versato alla Regione Calabria, a titolo di compensazione. Chi è contrario al trasferimento a Milano delle statue, come l'assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno, secondo Sgarbi ha delle "motivazioni terzomondiste. E' come se dicessero: 'Noi vogliamo bene alla Calabria, per favore andate a Reggio'. Sono convinto che tra otto mesi Del Corno mi dirà che ho avuto una bella idea. Ci vuole un po' di tempo". Secondo Sgarbi "è bizzarro pensare che un visitatore dell'Expo, già stremato da Rampello, Maroni e Sgarbi, prenda un treno e vada a Reggio. 'Mi dicono che in un paesino che si chiama Reggio ci sono delle statue di bronzo': questo è quello che pensa uno che viene da Sydney. Li devi prendere a calci nel sedere per farli arrivare a Reggio, i visitatori".

"I Bronzi di Riace come valori di civiltà - ha continuato Sgarbi - arrivano a Milano non contro Reggio Calabria, ma per portare la Calabria a Milano. Quando leggo le idiozie di Salvatore Settis, che salutavo fino a ieri, mi ricordo di quando, e ho i testimoni, mi disse 'Come sono cretini quelli di Reggio, non ci hanno voluto prestare i Bronzi'". "Noi - ha proseguito Sgarbi a fianco di Maroni - ribadiamo questa richiesta con la Calabria e per la Calabria".
Sgarbi ha poi attaccato la sovrintendente ai beni archeologici della Calabria Simonetta Bonomi, che avrebbe consentito "di fotografare i Bronzi travestiti. Che tutela può dare?". Se si procedesse ad un ulteriore restauro dei Bronzi, Sgarbi promette infine che denuncerà la sovrintendente "per danni provocati da un restauro non necessario".

giovedì 21 agosto 2014

PINTORICCHIO. La Pala dell’Assunta di San Gimignano e gli anni senesi

invito

Il prossimo 6 settembre apre al pubblico nella Pinacoteca civica di San Gimignano una mostra dedicata al pittore umbro Bernardino di Betto, detto il Pintoricchio, promossa dal Comune, dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Siena e Grosseto in collaborazione con l’Arcidiocesi di Siena, Colle di val d’Elsa e Montalcino, la Fondazione Musei senesi e Siena Capitale Europea della Cultura 2019 - città candidata. 
Il comitato scientifico, che ha curato l’esposizione dal titolo Pintoricchio. 
La Pala dell'Assunta di San Gimignano e gli anni senesi, è costituito da Cristina Acidini, Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, Mario Scalini, Soprintendente i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Siena e Grosseto e Claudia La Malfa, docente dell’Università telematica internazionale Uninettuno.  
La mostra è organizzata da Opera, società del Gruppo Civita, che dal 1° gennaio 2014 gestisce per l’Amministrazione Comunale i servizi di accoglienza e valorizzazione dei Musei civici di San Gimignano. 

Con questa iniziativa prende avvio un più ampio progetto che, con cadenza annuale, intende proporre un approfondimento critico e storico intorno ai capolavori e ai maestri presenti nelle collezioni civiche. Come questa che ora si apre su Pintoricchio e quella che è in preparazione per il 2015 su Filippino Lippi e i suoi meravigliosi tondi, ogni mostra sarà costruita con prestiti importanti, anche se numericamente limitati per le esigenze dello spazio espositivo, scelti per raccontare una vicenda artistica che ha lasciato una testimonianza di grande rilievo nel patrimonio storico e artistico di San Gimignano. 

La mostra su Pintoricchio inaugura quindi una serie di esposizioni, fortemente volute dal sindaco Giacomo Bassi e dall’assessore alla cultura Carolina Taddei, il cui coordinamento è affidato a Valerio Bartoloni, dirigente del settore servizi alla cultura del Comune. Tutta l’Amministrazione intende in tal modo valorizzare e promuovere i Musei civici della città che ambisce ad affermarsi sempre più come polo di riferimento culturale, non solo nel panorama locale, ma anche internazionale, in vista della candidatura di Siena a Capitale Europea della Cultura 2019.

Come rileva Cristina Acidini nel catalogo della mostra, edito da Giunti Arte Mostre e Musei, «se fra le altre insigni opere d’arte rinascimentale il Museo Civico di San Gimignano può esporre l’ultima grande pala di Bernardino Betti detto il Pintoricchio, con la Madonna in gloria tra i santi Gregorio Magno e Benedetto (1510-1512), ciò dipende strettamente dalla convergenza per certi aspetti eccezionale dei percorsi di storie diverse – nella storia civile e nello sviluppo economico, così come nella religione e nella cultura secolare –, una convergenza che fece fiorire la stagione artistica rinascimentale in Firenze e in Siena, includendo in essa San Gimignano, che dalle due città era ed è geograficamente equidistante». 

martedì 19 agosto 2014

Siena, il Duomo 'scopre' il suo 'magnifico' pavimento



Il Duomo di Siena 'scopre' il suo pavimento a tarsie marmoree, ''il più bello…, grande e magnifico… che mai fusse stato fatto”, secondo la definizione dello storico rinascimentale Giorgio Vasari. Solitamente coperto per proteggerlo dal calpestio di visitatori e fedeli, il pavimento tornerà visibile dal prossimo 18 agosto fino al 27 ottobre. 
Un'opera che è il risultato di un complesso programma iconografico realizzato attraverso i secoli, a partire dal Trecento fino all’Ottocento. La tecnica adoperata è quella del graffito e del commesso con marmi di provenienza locale come il broccatello giallo, il grigio della Montagnola, il verde di Crevole, ecc.
I cartoni preparatori per le cinquantasei tarsie furono disegnati da importanti artisti, quasi tutti “senesi”, fra cui il Sassetta, Domenico di Bartolo, Matteo di Giovanni, Domenico Beccafumi, oltre che da un pittore “forestiero” come l’umbro Pinturicchio, autore, nel 1505, del celebre riquadro con il Monte della Sapienza, raffigurazione simbolica della via verso la Virtù come raggiungimento della serenità interiore.
I visitatori potranno inoltre “deambulare” intorno al coro e all’abside ove si conservano le tarsie lignee di Fra Giovanni da Verona, eseguite con una tecnica simile a quella del commesso, con legni di diversi colori, raffiguranti vedute urbane, paesaggi e nature morte.
Il percorso completo OpaSiPass permette, oltre alla visita del Pavimento in cattedrale, quella al Museo dell’Opera ove si potranno ammirare, nella Sala delle Statue, i mosaici con i simboli delle città alleate di Siena e le tarsie originali di Antonio Federighi con le Sette età dell’Uomo. Nella Sala dei Cartoni, il cui ingresso fiancheggia la magnifica Maestà di Duccio, è visibile la celebre pianta del Pavimento del Duomo delineata da Giovanni Paciarelli nel 1884, che permette di avere un quadro d’insieme delle figurazioni e dell’itinerario che, dall’ingresso, conduce fino all’altar maggiore. Il percorso integrato prevede anche l’accesso alla cosiddetta “Cripta”, sotto il Pavimento del Duomo e al Battistero.
Contemporaneamente, per chi volesse vedere il Pavimento anche dall’alto con la visita guidata, è possibile prenotare l’itinerario Opa Si pass Plus che, oltre all’accesso a tutti i siti museali del Complesso, permette la salita verso la Porta del Cielo. Continua infatti l’apertura straordinaria del magnifico percorso dei sottotetti della Cattedrale, in cui per secoli nessuno è potuto accedere, ad eccezione delle maestranze e degli addetti ai lavori. L’itinerario verso il ‘cielo’ della Cattedrale comincia da una scala a chiocciola inserita dentro una delle torri terminanti con guglie che fiancheggiano la magnifica facciata del Duomo.