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martedì 28 novembre 2017

L'arte ti somiglia

PALERMO CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2018

L’Eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio



Un nuovo percorso espositivo che, per la prima volta, utilizza come sede espositiva la Chiesa conventuale di San Giacomo Apostolo, a conclusione del suo integrale recupero.

L’Eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio documenta quello che è stato uno dei momenti più alti e affascinanti della storia occidentale. Gli anni che idealmente intercorrono tra il Sacco di Roma (1527) e la morte di Caravaggio (1610); tra l’avvio della Riforma protestante (1517-1520) e il Concilio di Trento (1545-1563); tra il Giudizio universale di Michelangelo (1541) e il Sidereus Nuncius di Galileo (1610) rappresentano l’avvio della nostra modernità.

Tra l’ultimo Michelangelo a Caravaggio, passando attraverso Raffaello, Rosso Fiorentino, Lorenzo Lotto, Pontormo, Sebastiano del Piombo, Correggio, Bronzino, Vasari, Parmigianino, Daniele da Volterra, El Greco, Pellegrino Tibaldi, i Carracci, Federico Barocci, Veronese, Tiziano, Federico Zuccari, Cavalier d’Arpino, Giuseppe Valeriano e Scipione Pulzone, s’addipana un filo estetico di rimandi e innovazioni che darà vita a una età nuova. Comprese le forme alternative di Rubens e Guido Reni.

Info: museisandomenico.forli@comune.forli.fc.it

#DOMENICALMUSEO


Domenica 3 dicembre oltre 450 tra musei, siti archeologici e monumenti in tutta Italia accoglieranno liberamente cittadini e turisti per una giornata dedicata alla scoperta del patrimonio culturale nazionale.

mercoledì 22 novembre 2017

Progetto Google Books della Biblioteca statale isontina


La Biblioteca Statale Isontina e il motore di ricerca Google insieme per rendere disponibile a livello mondiale, nei prossimi anni gratuitamente e in formato digitale attraverso la rete, volumi del patrimonio librario non coperti da copyright.
L'istituzione goriziana è infatti la sola in regione, fra le pochissime in Italia, ad essere stata scelta per partecipare al progetto Google Books, che vede la partnership del Ministero per i Beni e le Attività culturali e il sito più visitato al mondo. L'obiettivo dell'intero progetto, avviato nel 2005 e al quale hanno aderito prestigiose istituzioni americane e europee, è la disponibilità in rete gratuitamente di oltre un milione di volumi.
Il progetto goriziano prevede la messa a disposizione di Google di complessivi 20mila libri in 3 tranches. Testi scelti senza vincolo di argomento o lingua, fra quelli catalogati nel Sistema bibliotecario nazionale e pubblicati entro il 1877.
L'assunzione digitale comprenderà tutte le pagine fino alla 4a di copertina, inoltre Google fornirà alla Bsi le copie digitali per renderle disponibili anche su altre piattaforme oltre a sostenere ogni onere finanziario. 
L'icona per la consultazione verrà posizionata in SBN accanto alle informazioni esistenti. 
I volumi saranno spediti in uno scanning center in Lazio, il luogo è segreto per motivi di sicurezza, dove saranno digitalizzati.
 Il primo lotto goriziano partirà a febbraio, con scadenza regolari  fino al completamento del progetto previsto entro i primi mesi del 2019. 

La Biblioteca Reale di Torino


La Biblioteca Reale viene fondata nel 1831 da Carlo Alberto di Savoia-Carignano, salito al trono quello stesso anno, che ambisce a dare un impulso allo sviluppo del Piemonte attraverso la promozione di riforme amministrative e politiche e rivalutando le arti e le istituzioni culturali.
Il progetto di promozione di Carlo Alberto prevede l’ampliamento della biblioteca di corte, alla quale il sovrano decide di unire gli innumerevoli volumi che vengono acquistati presso gli antiquari di tutta Europa, oltre alla sua raccolta personale, ricca di volumi appartenuti alla nonna paterna Giuseppina di Lorena-Carignano, donna colta e aperta alle nuove idee del Settecento. Tale ampliamento è reso necessario dalla decurtazione delle collezioni reali in seguito alla donazione di Vittorio Amedeo II di gran parte della sua biblioteca alla Regia Università di Torino nel 1723 (l’attuale Biblioteca Nazionale Universitaria).
Per questo progetto di sviluppo della Biblioteca il re si avvale della collaborazione di una ristretta ed efficiente cerchia di collaboratori, ai quali sovvenziona viaggi di ricerca all’estero che permettono di venire a contatto con i progressi delle lettere, delle scienze e delle istituzioni culturali, consentendo anche di reperire documenti utili sulla storia dei domini di Casa Savoia, e altre opere che – per rarità o bellezza – meritino di essere acquisite. La biblioteca si arricchisce così di preziosi volumi, libri antichi e codici miniati.
Carlo Alberto sceglie come sede della nuova biblioteca palatina il piano terreno dell’ala di levante del Palazzo Reale; il locale – prima adibito ad ambiente di servizio – viene convertito in biblioteca su progetto di Pelagio Palagi, artista che in qualità di pittore, architetto, nonché arredatore di corte, realizzò e diresse tutte le trasformazioni delle residenze sabaude nel periodo carloalbertino.
Entrati all’interno del salone monumentale della Biblioteca Reale ci si trova di fronte a un ambiente maestoso, realizzato in stile neoclassico – con una volta affrescata a monocromo con scene allegoriche sulle arti e sulle scienze – caratterizzato da un doppio ordine di librerie in noce con una balconata dalla caratteristica ringhiera in ferro battuto. In origine la Biblioteca Reale è destinata, oltre che al servizio della corte, agli ufficiali e ai dotti interessati allo studio della storia patria e delle belle arti.
Nel 1839 Carlo Alberto acquista da Giovanni Volpato – un collezionista autodidatta originario di Chieri, che viaggiando per l’Europa aveva messo insieme un’interessante collezione personale – una raccolta di disegni dal Quattrocento al Settecento, opera di grandi maestri italiani e stranieri, tra i quali Michelangelo, Raffaello, Rembrandt e Leonardo da Vinci.
Di Leonardo da Vinci, in particolare, la biblioteca possiede il famoso Autoritratto a sanguigna, il Ritratto di Fanciulla – studio per il volto dell’angelo nel quadro La Vergine delle Rocce (conservato al Louvre) – e il Codice sul volo degli uccelli, un quaderno cartaceo di 18 carte nel quale Leonardo annotò le sue considerazioni sul volo. Il prezioso manoscritto giunge alla Biblioteca Reale alla fine dell’Ottocento, come dono al re Umberto I da parte di Teodoro Sabachnikoff, mecenate russo innamorato del Rinascimento italiano.
Dopo la seconda guerra mondiale – con il passaggio allo Stato dei beni di Casa Savoia (perfezionato nel caso della Biblioteca Reale solo nel 1970) – la Biblioteca Reale diviene una biblioteca pubblica statale e attualmente fa parte del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
La biblioteca conserva circa 200.000 volumi, 4.500 manoscritti, 3.055 disegni, 187 incunaboli, 5.019 cinquecentine, 1.500 pergamene, 1.112 periodici, 400 album fotografici, carte geografiche, incisioni e stampe.

Info: Tel. +39.011543855Fax.+39.0115178259


lunedì 20 novembre 2017

Ambrogio Lorenzetti


Ambrogio fu uno dei più grandi pittori dell’intera Europa del secolo XIV, ma si può dire – per quanto possa sembrare un paradosso – che è un artista poco conosciuto. 
È universalmente noto come il pittore del ‘Buon Governo’, il ciclo di dipinti allegorici e dalle straordinarie visioni urbane e agresti, A Palazzo Pubblico a Siena. Ma, al di là di questo, non si conosce il pittore dall’incontenibile creatività che ha rinnovato profondamente molte tradizioni iconografiche; non si conosce l’innovatore della concezione stessa dei dipinti d’altare, il grande pittore di storie sacre, il narratore che allarga lo sguardo alla re-invezione del paesaggio e della pittura d’ambiente. 
Grazie a una serie di richieste di prestito molto mirate, (saranno esposte opere provenienti dal Louvre, dalla National Gallery, dalle Gallerie degli Uffizi, dai Musei Vaticani) la mostra intende ritessere la grande vicenda artistica di Ambrogio Lorenzetti, facendo convergere al Santa Maria della Scala tutta una serie di dipinti che, in massima parte, furono prodotti proprio per cittadini senesi e per chiese della città. 
Potranno così tornare a vivere idealmente, grazie ai frammenti superstiti, anche cicli di affreschi un tempo molto famosi ma distrutti, come quelli dell’aula capitolare e del chiostro della chiesa di San Francesco a Siena, i dipinti della chiesa agostiniana senese e il ciclo, restaurato per l’occasione, della cappella di San Galgano a Montesiepi, a tal punto fuori dai canoni della consolidata iconografia sacra che i committenti pretesero delle sostanziali modifiche poco dopo la loro conclusione. 
La mostra, preceduta dall'iniziativa Dentro il restauro, realizzata grazie al contributo del MIBACT per Siena capitale della cultura 2015, ingloba anche alcuni altri luoghi della città: la chiesa di San Francesco e la chiesa di Sant'Agostino, dove sono stati compiuti per l'occasione i restauri dei cicli di affreschi del Lorenzetti e, naturalmente, Palazzo Pubblico, sede del ciclo del Buon Governo. 


martedì 7 novembre 2017

I biscuit del Palazzo Reale


Non si può dire di conoscere a fondo le collezioni del Palazzo Reale di Torino senza averne ammirato le porcellane. 
I biscuit del Palazzo Reale, ovvero le pregiate porcellane che nel Settecento costituivano l’orgoglio e il vanto delle più prestigiose case regnanti. La bellezza dei biscuit consiste essenzialmente nella complessità e nella raffinatezza della modellazione, che spesso riprende i temi e i motivi statuaria dell’epoca, specialmente quella dei grandi scultori francesi.
I prodotti di biscuit si diffusero inizialmente in Francia intorno al 1750 e la denominazione deriva dal fatto che la sua fabbricazione prevede due cotture (letteralmente bis-cotto) ad una temperatura di circa 1300°, senza la presenza di smalto. 
La sua superfice ruvida limita il suo uso soprattutto a oggetti decorativi: busti, statuette e soprammobili; si dice che il suo uso derivi dalla precedente abitudine di decorare le tavole apparecchiate con pupazzetti costituiti da mollica di pane pressata e plasmata. 
La raccolta di biscuit del Palazzo Reale di Torino documenta la fase conclusiva di questa passione, fra gli ultimi fuochi della chinoiserie, ormai in decadenza nella seconda metà del secolo XVIII secolo, e il sorgere del Neoclassicismo, con nuovi interessi e temi. Nel dettaglio, i biscuits in mostra rimandano in prevalenza alle manifatture francesi, che hanno fornito ai Savoia le produzioni più abbondanti, almeno a giudicare da quanto è sopravvissuto. Allo stato attuale degli studi non si può del resto distinguere in tutti i casi cosa fu direttamente richiesto da essi e cosa invece pervenne da altre residenze dopo l’unificazione italiana.
La manifattura reale di Sèvres (acquistata da Luigi XV nel 1759) è presente sia con soggetti sacri che profani. Quelli profani riguardano i gruppi (1774) con Amore e Flora e Flora e Zefiro, e il gruppo del Giudizio di Paride (1780), realizzati sotto la direzione artistica di Louis Simon Boizot.
I soggetti sacri sono riferibili a due statuette di relativamente grandi dimensioni, S.Teresa e S.Clotilde.
A una non identificata manifattura, forse parigina, spettano due gruppi con la tarantella e un ragazzo che suona le nacchere dell’ultimo decennio del XVIII secolo.
Alla manifattura di Jean-Népomucene-Herman Nast, per la quale si può ipotizzare la diretta ordinazione da parte di casa Savoia, risalgonouna serie di figure mitologiche dell’ultimo decennio del XVIII secolo, con otto soggetti diversi superstiti, e inoltre una serie di amorini simboleggianti le arti, tutti del 1810 circa.
Da Niderviller, villaggio lorenese, provengono tre vasi con coperchio del XVIII secolo e altri due più grandi, della stessa epoca, tutti quanti “all’antica”, e che rappresentano indicatori del gusto classico dell’epoca.
A manifattura parigina di difficile precisazione spettano invece, intorno al 1780-90, statuine raffiguranti le stagioni, dalle caratteristiche espressioni un po’ caricate: un Esculapio, e Amore con figura femminile (la Commedia?).
La produzione degli stati italiani è illustrata da quattro putti su basamento rocaille, fine XVIII secolo, su modello di Giovanni Antonio Lomello, provenienti da Vinovo, con impasto basato su materie prime del Piemonte: i Savoia non erano stati tra gli ultimi a progettare la realizzazione della porcellana, fin dalla fase di Torino e di Vische.
Infine sono da notare tre rari gruppi ispirati a soggetti tratti dalla Gerusalemme liberata, databili al 1780 circa, spettanti a Giacomo Boselli, proprietario della fornace di Savona; il biscuit è ruvido, pesante e giallognolo, ma la modellazione davvero squisita.

Raffaello e l'eco del mito


Raffaello è il protagonista del nuovo progetto di Fondazione Accademia Carrara di Bergamo, in collaborazione con GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea.
Un'esposizione che, a partire dal dipinto del San Sebastiano conservato in Carrara, approfondisce le opere e il mito cresciuto attorno al genio di Urbino in particolare nell’Ottocento, ma che ha affascinato, in forme diverse, artisti a noi vicini, dalle Avanguardie d'inizio Novecento fino a oggi.
In mostra, oltre 60 opere tra le quali alcuni tra i più significativi dipinti di Raffaello giovane fanno il punto sulla sua formazione, accompagnando il visitatore alla soglie della maturità. Dipinti, sculture e testimonianze raccontano inoltre i mondi e i maestri con cui venne in contatto l’artista, dalla Urbino del padre, Giovanni Santi, a Perugino e Pintoricchio, mettendo a fuoco la sapiente capacità innovativa. Questa la dote che,
insieme alla strepitosa maestria tecnica e alla controllata naturalezza, fa di Raffaello un punto di riferimento o un oggetto di polemica, come dimostrano alcune opere in mostra di Picasso, de Chirico, Giulio Paolini o Francesco Vezzoli.
L'esposizione di Bergamo, la prima nel solco delle celebrazioni del 2020 per il quinto centenario della morte, raccoglie prestiti straordinari provenienti dalle maggiori istituzioni museali italiane e internazionali, dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze all’Hermitage di San Pietroburgo, dalla Pinacoteca di Brera alla Galleria Nazionale di Roma, dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia al Metropolitan Museum di New York, dalla National Gallery di Londra al Bode Museum di Berlino e al Pushkin di Mosca.
Un percorso affascinante anche grazie a un allestimento d'eccezione, studiato da DE8 Architetti e Tobia Scarpa per accompagnare il visitatore e valorizzare una mostra di ricerca, testimonianza della vivacità di un museo dalla storia unica.

Arcimboldo


Dal 20 ottobre 2017 all’11 febbraio 2018 a Roma, a Palazzo Barberini avrà luogo la mostra Arcimboldo, organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma e da MondoMostre Skira, a cura di Sylvia Ferino Pagden, una delle maggiori studiose di Arcimboldo e già Direttore della Pittura al Kunsthistorisches Museum di Vienna. 

Per la prima volta a Roma avremo l'occasione unica, per la difficoltà di ottenere i prestiti che giustifica la rarità delle esposizioni dedicate a questo artista, di vedere esposti alcuni grandi capolavori autografi di Giuseppe Arcimboldi, conosciuto col nome di Arcimboldo. 

Autore delle "teste composte" di frutti e di fiori, artista del mistero, che lasciava intendere una verità ma ne suggeriva un’altra possibile, Arcimboldo si formò alla bottega del padre, nell’ambito dei seguaci di Leonardo. Esoterico e alchemico, si considerava poeta e filosofo, ingegnere e inventore. Si può dire sia stato l’artista che ha inventato le “bizzarrie” e le “pitture ridicole”, diventando uno dei pittori più significativi della cultura manierista internazionale.

In mostra i suoi capolavori più noti – dalle Stagioni agli Elementi, dal Bibliotecario al Giurista, da Priapo (Ortolano) al Cuoco – i ritratti, i suoi preziosissimi disegni acquerellati di giostre e fontane, in dialogo con dipinti e le copie arcimboldesche, oltre a una serie di oggetti delle famosissime wunderkammer imperiali, delle botteghe numismatiche e di arti applicate milanesi e non solo, fino a disegni di erbari, frutta, animali, di cui all’epoca si faceva gran studio al fine di incrementare serre, serragli e giardini ma anche e soprattutto la conoscenza scientifica. 

La forza dell'arte



Era il 1981 quando la Carnia nella notte tra il 14 e il 15 novembre veniva spogliata di uno dei suoi monumenti più significativi. Dalla Pieve di San Pietro, posta in strategica posizione sulla vallata del Bût e onorata ancora oggi con il titolo di Cattedrale, vennero trafugate le statue del grande polittico ligneo commissionato nel 1481 a Domenico Mioni, detto Domenico da Tolmezzo. Nel 2016 questo episodio doloroso ha trovato una svolta grazie alle attività investigative del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. A seguito del sistematico controllo sul mercato dell'arte, nazionale e internazionale, sono stati individuati cinque dei Santi Apostoli che decoravano le nicchie del corpo centrale: si tratta dei Santi Andrea, Paolo e Giacomo Maggiore, che affiancavano la figura assiale di San Pietro, e dei Santi Matteo e Tommaso che alloggiavano nel registro superiore. Questo clamoroso recupero restituisce un prezioso tassello della monumentale ancona d'altare espressione della maturità artistica di Domenico da Tolmezzo e riconsegna alla collettività un bene di straordinario valore.

L'altro rinascimento


In occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, si apre domenica 10 settembre prossimo la mostra-dossier dedicata all'eccezionale collezione di manoscritti miniati ebraici provenienti dalla biblioteca dei duchi d'Este.
La mostra, organizzata e promossa dalle Gallerie Estensi, si avvale anche di alcuni preziosi prestiti dalla Biblioteca Palatina di Parma e dall'Archivio Storico del Comune di Modena. Viene in questo modo presentata al pubblico un'accurata selezione di oltre venti manoscritti miniati fra il XIII e il XVIII secolo, con particolare attenzione al Rinascimento ferrarese e ai rapporti intercorsi fra la corte estense e l'attiva comunità ebraica locale.
Strutturata in cinque sezioni tematiche, la mostra - che espone, tra gli altri, capolavori come due bibbie “catalane” di inizio Trecento - sarà corredata da un ricco apparato didascalico che permetterà al visitatore di ripercorrere cinque secoli di storia della miniatura ebraica.
Obiettivo della mostra è quello di permettere a un vasto pubblico di visitatori di ripercorrere le vicende della presenza ebraica in territorio emiliano e, contemporaneamente, fornire agli specialisti spunti per ulteriori indagini sulla cultura visiva locale. Il Rinascimento ferrarese, i rapporti di alcune importanti famiglie ebraiche con la corte, la dialettica fra acculturazione e conservazione della propria identità religiosa sono i temi che caratterizzano l'esposizione.

Medioevo Fantastico




A Palazzo Ducale di Gubbio dal 27 settembre al 14 gennaio 2018 (con orario 8.30-19.30) mostra dedicata al costume medievale nel cinema. Nel salone d’onore sono, infatti, esposti alcuni degli abiti ideati da Gianna Gissi per il film Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984) di Mario Monicelli e da Danilo Donati per La cintura di castità (1967) di Pasquale Festa Campanile. Appartenenti alla collezione “Gelsi Costumi d’Arte”, testimoniano la creatività di due tra i maggiori costumisti italiani del Novecento. Gianna Gissi, nata in Croazia nel 1943, approda da bambina a Roma dove frequenta i corsi di storia del costume presso l’Accademia di Costume e Moda. Dopo i primi anni come assistente in diverse produzioni cinematografiche, inizia il suo lavoro di costumista firmando gli abiti di capolavori come Il Postino (1994) di Massimo Troisi. È premiata con il David di Donatello e il Nastro d’Argento per Il Marchese del Grillo (1981) e, sempre con il David di Donatello, per Porte aperte (1990). È autrice nel 1998 del libro Vestire un film. Costumi e scenografie del cinema, un vademecum per esperti del settore. Studio dell’epoca e impatto visivo dei costumi sono alcuni dei capisaldi dell’artista; princìpi che trovano applicazione anche negli stupendi abiti, qui esposti, creati per raccontare le goffe disavventure di Bertoldo, Marcolfa, Bertoldino e Cacasenno alle prese con il re Alboino. I costumi, indossati da interpreti tra i più amati del cinema italiano, quali Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Lello Arena, riflettono non solo l’immaginaria ambientazione medievale nella quale sono calati i protagonisti, ma esibiscono anche la contrapposizione tra il pomposo mondo dei cortigiani e quello semplice dei contadini. Danilo Donati, scomparso nel 2001 a settantacinque anni, muove i primi passi nella Scuola d’Arte di Porta Romana a Firenze. La sua prima collaborazione teatrale è con Luchino Visconti, ma si afferma nel 1959 con i costumi per La grande guerra di Mario Monicelli. Ottiene l’Oscar nel 1969 per agli abiti rinascimentali realizzati per Romeo e Giulietta dell’amico Franco Zeffirelli e nel 1977 per il film Il Casanova di Federico Fellini. Vincitore anche di un David di Donatello per Pinocchio (1994) di Roberto Benigni, Danilo Donati crea dei “sognanti costumi”, così come definiti dalla critica, anche per La cintura di castità. La vicenda comico-amorosa, ambientata durante le crociate medievali, vede protagonisti Boccadoro (Monica Vitti), il cavaliere Guerrando (Tony Curtis) e il Sultano Ibn-El-Rashid (Hugh Griffith) è sfondo perfetto per un’artista come Donati, creatore di abiti curati, eleganti e di grande effetto scenico.

Ambrogio Lorenzetti


La mostra rappresenta in realtà il culmine di un progetto scandito “in più tappe”, avviato nel 2015 con l'iniziativa Dentro il restauro e mirato ad una profonda conoscenza dell'attività dell'artista, ad una migliore conservazione delle sue opere e a favorirne l'avvicinamento da parte del pubblico. 
Con Dentro il restauro, realizzato grazie al contributo del MiBACT per Siena Capitale Italiana della Cultura 2015, sono state trasferite al Santa Maria della Scala alcune importanti opere dell'artista che necessitavano di indagini conoscitive, di interventi conservativi e di veri e propri restauri:  il ciclo di affreschi staccati della chiesa di san Galgano a Montesiepi e il polittico della chiesa di San Pietro in Castelvecchio a Siena (nell’occasione più correttamente ricomposto e riunito con l’originaria cimasa raffigurante il Redentore benedicente) sono stati allestiti in un cantiere di restauro ‘aperto’, fruibile dalla cittadinanza e dai turisti. I restauri sono proseguiti con l’apertura di altri due cantieri, il primo nella chiesa di San Francesco, volto al recupero degli affreschi dell’antica sala capitolare dei frati francescani senesi e l’altro nella chiesa di Sant’Agostino, nel cui capitolo Ambrogio Lorenzetti dipinse un ciclo di storie di Santa Caterina e gli articoli del Credo.


Il Capriccio e la Ragione. Eleganze del Settecento europeo


La mostra organizzata dalla Fondazione Museo del tessuto di Prato, si avvale del prestigioso contributo del Museo della Moda e del Costume delle Gallerie degli Uffizi, che presterà otto rari capi di abbigliamento maschili e femminili testimoni delle significative trasformazioni delle fogge nel Settecento. Partecipano alla costruzione di un percorso espositivo unico ed inedito sul secolo anche altre istituzioni pubbliche e private come il Museo Salvatore Ferragamo, il Museo Stibbert, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e il Museo Studio del Tessuto della Fondazione Ratti di Como.