Di Emanuela Casinini
La Basilica di S. Pietro in Perugia è solo seconda, per numero di opere d’arte
in essa contenute e per il contenitore, alla Galleria Nazionale dell’Umbria,
nonostante lo smembramento operato, dai francesi prima e dallo Stato Unitario
poi, di gran parte dei suoi capolavori. Merita interesse il ciclo pittorico di
Antonio Vassilacchi detto l’Aliense riguardante episodi della vita di Cristo con
riferimenti al Vecchio Testamento. Queste dieci tele, collocate cinque per parte
ai lati della navata centrale, gli furono commissionate dall’Abate Giacomo di
San Felice di Salò. Il Vassilacchi le realizzò a Venezia, dove abitava, tra il
1591 e il 1611. Il pittore si era formato alla scuola prestigiosa di Paolo
Veronese e di Tintoretto e l’influsso di quest’ultimo si vede emergere
chiaramente soprattutto nella tela che raffigura il battesimo di Gesù.
Ma, sempre opera di questo pittore, c’è un altro
quadro, sconosciuto ai più e sbrigativamente liquidato dalle guide turistiche.
Rappresenta il Trionfo dell'Ordine dei Benedettini, e raffigura Santi, Papi,
Cardinali, Vescovi Abati e fondatori di Ordini correlati quali Camaldolesi,
Silvestrini ecc. che contornano San Benedetto da Norcia. Ha la prerogativa di
essere la più grande tela del mondo occupando tutta la parte superiore della
parete di ingresso interna della chiesa. Il Siepi, nella sua opera “Descrizione
di Perugia” a pag. 576, dice “…ripieno di innumerevoli figure maggiori del
naturale…” e ancora “…ideato dal dottiss. Mon. Fiammingo d. Arnaldo Wion da
Duoco. Fu dipinto nel 1592 (per cura ed impegno del p. d. Giacomo da S. Felice,
nello stato veneto, Abb di S. Giorg. di Venezia qui venuto a soggiornare) da
Antonio Vassillacchi soprannominato l’Aliense…” Cosa ha di particolare questo
quadro da meritare di essere ora citato? Già le innumerevoli figure più grandi
del naturale ci fanno immaginare la maestosità del dipinto, ma quello che fa
pensare è il fatto che il soggetto fu imposto al pittore e qui lui si prese una
rivincita degna di un grandissimo artista e precursore delle moderne tecniche
digitali. Il punto migliore per osservarlo è verso l’altare maggiore, ma, se non
si sa cosa c’è nascosto, si vedono solo le innumerevoli figure, in realtà tutte
queste formano un’immagine che risalta maggiormente nelle foto, più piccola è e
meglio si nota. Se concentriamo l’attenzione su S. Benedetto e su i due squarci
di cielo al cui interno si vedono il sole e la luna al posto loro appare una
figura inquietante, demoniaca: S. Benedetto è il naso, gli squarci di cielo sono
gli occhi, S. Pietro e S. Paolo in alto ai lati estremi sono le orecchie e i due
ciuffi centrali sono le corna. In più le figure di benedettini visti di spalle
sono delle formidabili zanne, fortunatamente non ha dipinto la bocca altrimenti
sarebbe stato ancora più impressionante. I colori e le posture dei vari
personaggi fanno risaltare ancora di più le linee del personaggio nascosto. Una
volta concentrata l’attenzione su questo non si vede più il quadro originale e
bisogna considerare anche che il dipinto era ad uso e consumo del sacerdote e
non del popolo, infatti quest’ultimo gli dava le spalle mentre il celebrante lo
vedeva benissimo dall’altare durante la S. Messa. La foto è abbastanza
esplicativa, ma vederlo dal vero è ancora più impressionante.
Va bene la fantasia però qui si esagera...