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martedì 7 novembre 2017

I biscuit del Palazzo Reale


Non si può dire di conoscere a fondo le collezioni del Palazzo Reale di Torino senza averne ammirato le porcellane. 
I biscuit del Palazzo Reale, ovvero le pregiate porcellane che nel Settecento costituivano l’orgoglio e il vanto delle più prestigiose case regnanti. La bellezza dei biscuit consiste essenzialmente nella complessità e nella raffinatezza della modellazione, che spesso riprende i temi e i motivi statuaria dell’epoca, specialmente quella dei grandi scultori francesi.
I prodotti di biscuit si diffusero inizialmente in Francia intorno al 1750 e la denominazione deriva dal fatto che la sua fabbricazione prevede due cotture (letteralmente bis-cotto) ad una temperatura di circa 1300°, senza la presenza di smalto. 
La sua superfice ruvida limita il suo uso soprattutto a oggetti decorativi: busti, statuette e soprammobili; si dice che il suo uso derivi dalla precedente abitudine di decorare le tavole apparecchiate con pupazzetti costituiti da mollica di pane pressata e plasmata. 
La raccolta di biscuit del Palazzo Reale di Torino documenta la fase conclusiva di questa passione, fra gli ultimi fuochi della chinoiserie, ormai in decadenza nella seconda metà del secolo XVIII secolo, e il sorgere del Neoclassicismo, con nuovi interessi e temi. Nel dettaglio, i biscuits in mostra rimandano in prevalenza alle manifatture francesi, che hanno fornito ai Savoia le produzioni più abbondanti, almeno a giudicare da quanto è sopravvissuto. Allo stato attuale degli studi non si può del resto distinguere in tutti i casi cosa fu direttamente richiesto da essi e cosa invece pervenne da altre residenze dopo l’unificazione italiana.
La manifattura reale di Sèvres (acquistata da Luigi XV nel 1759) è presente sia con soggetti sacri che profani. Quelli profani riguardano i gruppi (1774) con Amore e Flora e Flora e Zefiro, e il gruppo del Giudizio di Paride (1780), realizzati sotto la direzione artistica di Louis Simon Boizot.
I soggetti sacri sono riferibili a due statuette di relativamente grandi dimensioni, S.Teresa e S.Clotilde.
A una non identificata manifattura, forse parigina, spettano due gruppi con la tarantella e un ragazzo che suona le nacchere dell’ultimo decennio del XVIII secolo.
Alla manifattura di Jean-Népomucene-Herman Nast, per la quale si può ipotizzare la diretta ordinazione da parte di casa Savoia, risalgonouna serie di figure mitologiche dell’ultimo decennio del XVIII secolo, con otto soggetti diversi superstiti, e inoltre una serie di amorini simboleggianti le arti, tutti del 1810 circa.
Da Niderviller, villaggio lorenese, provengono tre vasi con coperchio del XVIII secolo e altri due più grandi, della stessa epoca, tutti quanti “all’antica”, e che rappresentano indicatori del gusto classico dell’epoca.
A manifattura parigina di difficile precisazione spettano invece, intorno al 1780-90, statuine raffiguranti le stagioni, dalle caratteristiche espressioni un po’ caricate: un Esculapio, e Amore con figura femminile (la Commedia?).
La produzione degli stati italiani è illustrata da quattro putti su basamento rocaille, fine XVIII secolo, su modello di Giovanni Antonio Lomello, provenienti da Vinovo, con impasto basato su materie prime del Piemonte: i Savoia non erano stati tra gli ultimi a progettare la realizzazione della porcellana, fin dalla fase di Torino e di Vische.
Infine sono da notare tre rari gruppi ispirati a soggetti tratti dalla Gerusalemme liberata, databili al 1780 circa, spettanti a Giacomo Boselli, proprietario della fornace di Savona; il biscuit è ruvido, pesante e giallognolo, ma la modellazione davvero squisita.