È di origini molto antiche l'abbazia di S. Benedetto a Polirone, presso Mantova, fondata, probabilmente, nell'XI secolo, e assai cara, da sempre, ai signori di Mantova, i Gonzaga. La chiesa abbaziale, che tuttora conserva tracce della primitiva struttura romanica, fu più volte modificata, nel corso dei secoli, fino a raggiungere un assetto pressoché definitivo nel XV secolo: nel 1419, infatti, il monastero mantovano entrò nella nuova congregazione riformata che faceva capo al cenobio di S. Giustina, a Padova; e poco dopo iniziarono i lavori che trasformarono la vecchia chiesa di Polirone in un edificio ricco di stilemi gotici, con volte a crociera ogivali nella navata centrale, una serie di quattro cappelle per lato, di ampiezza irregolare, nelle navate laterali, e un tiburio esterno ottagonale . I lavori si conclusero probabilmente attorno alla metà del secolo e per molto tempo nulla fu più modificato.
Un secolo dopo, nel 1538, era abate di S. Benedetto Gregorio Cortese, che rientrava allora nell'abbazia mantovana dopo alcuni anni trascorsi nel monastero di S. Giorgio Maggiore a Venezia: e subito dovette affrontare una questione assai delicata. Molti anni prima, infatti, nel 1500, la nobildonna Lucrezia Pico della Mirandola aveva donato alcuni possedimenti al monastero, a condizione però, precisava il testamento, che venisse distrutta la vecchia chiesa e che si iniziasse la costruzione di un nuovo edificio; un'identica condizione compariva nel testamento del milanese Cesare Arzago, del 1509, che desiderava anche una cappella privata, destinata alla sua sepoltura. L'esecuzione di queste disposizioni era stata rinviata per lungo tempo, anche se qualcosa si era cominciato a fare tra il 1525 e il 1527: ma nel 1538 Gregorio Cortese non poté più evitare il problema, anche per la pressione dei suoi superiori, e decise, quindi, di iniziare i lavori. Prima, però, stabilì una modifica: non sarebbe stata costruita una nuova chiesa, troppo costosa per le possibilità economiche del monastero, ma ci si sarebbe limitati a ristrutturare quella antica; e fu necessaria una bolla papale, giunta il 23 luglio 1538, per l'autorizzazione a quel nuovo progetto che eludeva, ancora una volta, la precisa volontà dei donatori.
Gregorio Cortese era un intellettuale legato ai movimenti per la riforma cattolica, ma anche umanista colto e raffinato intenditore d'arte e di architettura: e amico, tra gli altri, di Gaspare Contarini, di Pietro Bembo e del cardinale Ercole Gonzaga. Molti anni prima Cortese, che già attorno al 1510 aveva elaborato un progetto di rinnovamento per l'abbazia, aveva inutilmente cercato di ottenere per il refettorio di S. Benedetto un dipinto di Raffaello: fu naturale, quindi, per lui, rivolgersi al più celebre dei suoi allievi, Giulio Romano, che da lungo tempo ormai lavorava per la corte mantovana, ed era all'apice della sua fama. Contarono, naturalmente, anche i buoni rapporti dell'abate con il cardinale Ercole, e l'antica predilezione dei Gonzaga per il monastero: i signori di Mantova, infatti, non permettevano spesso al loro artista di corte di prendere impegni con altri committenti.
Giulio Romano accettò la proposta di Gregorio Cortese e tra il 1539 e il 1540 il cantiere fu avviato. Si trattava, nelle intenzioni del Cortese, di ideare una sorta di rivestimento 'all'antica' per l'edificio, e di conservare il più possibile le strutture già esistenti, per contenere le spese, ma anche perché gli elementi gotici erano un elemento fondamentale per l'identità della chiesa antica; non a caso, il progetto di ricostruzione integrale aveva provocato dure polemiche sia tra i religiosi sia tra i laici .
Qualche anno più tardi, nel 1547, si svolse la cerimonia della nuova consacrazione della chiesa, ma Giulio Romano non poté vederla; era morto, infatti, l'anno prima, nel 1546.
Un secolo dopo, nel 1538, era abate di S. Benedetto Gregorio Cortese, che rientrava allora nell'abbazia mantovana dopo alcuni anni trascorsi nel monastero di S. Giorgio Maggiore a Venezia: e subito dovette affrontare una questione assai delicata. Molti anni prima, infatti, nel 1500, la nobildonna Lucrezia Pico della Mirandola aveva donato alcuni possedimenti al monastero, a condizione però, precisava il testamento, che venisse distrutta la vecchia chiesa e che si iniziasse la costruzione di un nuovo edificio; un'identica condizione compariva nel testamento del milanese Cesare Arzago, del 1509, che desiderava anche una cappella privata, destinata alla sua sepoltura. L'esecuzione di queste disposizioni era stata rinviata per lungo tempo, anche se qualcosa si era cominciato a fare tra il 1525 e il 1527: ma nel 1538 Gregorio Cortese non poté più evitare il problema, anche per la pressione dei suoi superiori, e decise, quindi, di iniziare i lavori. Prima, però, stabilì una modifica: non sarebbe stata costruita una nuova chiesa, troppo costosa per le possibilità economiche del monastero, ma ci si sarebbe limitati a ristrutturare quella antica; e fu necessaria una bolla papale, giunta il 23 luglio 1538, per l'autorizzazione a quel nuovo progetto che eludeva, ancora una volta, la precisa volontà dei donatori.
Gregorio Cortese era un intellettuale legato ai movimenti per la riforma cattolica, ma anche umanista colto e raffinato intenditore d'arte e di architettura: e amico, tra gli altri, di Gaspare Contarini, di Pietro Bembo e del cardinale Ercole Gonzaga. Molti anni prima Cortese, che già attorno al 1510 aveva elaborato un progetto di rinnovamento per l'abbazia, aveva inutilmente cercato di ottenere per il refettorio di S. Benedetto un dipinto di Raffaello: fu naturale, quindi, per lui, rivolgersi al più celebre dei suoi allievi, Giulio Romano, che da lungo tempo ormai lavorava per la corte mantovana, ed era all'apice della sua fama. Contarono, naturalmente, anche i buoni rapporti dell'abate con il cardinale Ercole, e l'antica predilezione dei Gonzaga per il monastero: i signori di Mantova, infatti, non permettevano spesso al loro artista di corte di prendere impegni con altri committenti.
Giulio Romano accettò la proposta di Gregorio Cortese e tra il 1539 e il 1540 il cantiere fu avviato. Si trattava, nelle intenzioni del Cortese, di ideare una sorta di rivestimento 'all'antica' per l'edificio, e di conservare il più possibile le strutture già esistenti, per contenere le spese, ma anche perché gli elementi gotici erano un elemento fondamentale per l'identità della chiesa antica; non a caso, il progetto di ricostruzione integrale aveva provocato dure polemiche sia tra i religiosi sia tra i laici .
Qualche anno più tardi, nel 1547, si svolse la cerimonia della nuova consacrazione della chiesa, ma Giulio Romano non poté vederla; era morto, infatti, l'anno prima, nel 1546.
Per info: http://www.turismosanbenedettopo.it ed anche l'ottimo sito del museo locale che merita davvero una visita: http://www.museocivicopolironiano.it