Rispondendo alla Camera all’interrogazione avanzata dall’ On. le Francesco Nunzio Testa, il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, prof. Lorenzo Ornaghi, ha illustrato le linee fondamentali del programma relativo al sito archeologico di Pompei.
Di seguito riportiamo il testo integrale dell’intervento:
Il consueto, iniziale ringraziamento agli Onorevoli interroganti è, in questo caso, nient’affatto rituale. È un ringraziamento sentito. Confido infatti che, sulla base di questa risposta, ciò che il Governo intende fare per Pompei, e sta già concretamente facendo con l’avvio di un nuovo programma, richiami l’attenzione dell’opinione pubblica. Sono convinto che, se da un lato le vigili cronache sulla situazione del sito di Pompei corrispondono soprattutto all’accresciuta sensibilità dei cittadini rispetto alla buona conservazione e alla fruizione del nostro inestimabile patrimonio culturale, dall’altro lato si accentui il rischio che la dilatazione degli elementi pur reali di allarme non solo produca un senso di ansia diffusa e domande di soluzioni immediate, ma anche oscuri l’approccio scientifico e operativo con cui si sta cercando di affrontare la questione.
I danni al patrimonio archeologico esposto alle intemperie – quindi, a tutto il patrimonio archeologico e non solo dell’area di Pompei – si sono sempre verificati. Nel passato lontano e più recente si è non infrequentemente posto rimedio a tali danni, con modalità che l’avanzamento delle tecnologie fa oggi considerare inadeguate e in qualche caso dannose.
Anche Pompei, area scavata di oltre 66 ettari, con i resti degli edifici del I secolo privi di copertura ed esposti agli effetti climatici, da oltre 250 anni subisce danni alle strutture murarie e agli apparati decorativi. A tali danni si è posto rimedio con le azioni di restauro; e, per gli interventi di urgenza, con azioni immediate e localizzate di messa in sicurezza. È fuorviante ritenere che sia esistita una mitica età felice e fortunata, in cui consistenti maestranze statali specializzate operavano giorno per giorno la manutenzione programmata del sito, così evitando o riducendo il pericolo di danni irreparabili. Non per caso l’area aperta al pubblico è sempre stata ridotta. Consueto è stato invece l’operare su due piani: quello degli interventi di urgenza su danni localizzati, e quello di parziali interventi di consolidamento e restauro di singole aree o domus.
Questi due livelli di azione, pur ancora necessari, tuttavia non bastano più. E per la prima volta ci si trova di fronte all’urgenza di un progetto complessivo, e oltremodo complesso, in grado di affrontare in forma interconnessa i principali problemi di Pompei. Li elenco: 1) la riduzione del rischio idrogeologico, con la messa in sicurezza dei terrapieni non scavati; 2) la messa in sicurezza delle insulae; 3) il consolidamento e restauro delle murature; 4) il consolidamento e restauro delle superfici decorate; 5) la protezione degli edifici dalle intemperie, con conseguente aumento delle aree visitabili; 6) il potenziamento del sistema di videosorveglianza.
Tale progetto è sostenuto e accompagnato da un rigoroso piano di studio scientifico e tecnico, con il rilievo e la restituzione tridimensionale, finalizzato alle diagnosi, all’approfondimento della conoscenza scientifica e al necessario orientamento delle imminenti scelte operative.
Il piano presenta numerose e significative novità. Novità di metodo, innanzi tutto. Esso infatti è un modello di “cooperazione interistituzionale rafforzata”, che è stato molto apprezzato dall’Unione Europea. Tale piano, inoltre, intende non solo mettere in campo sia le migliori forze e capacità del MIBAC, sia le competenze dei più autorevoli studiosi ed esperti nazionali e internazionali, ma è anche frutto dell’intesa con i Ministeri della Coesione Territoriale e dell’Interno. Insieme con i colleghi di questi dicasteri, oltre che con il Ministro del MIUR e con l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, ho già sottoscritto un “protocollo di legalità” con l’obiettivo di garantire legalità e trasparenza nella gestione delle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea (che ammontano, lo ricordo, a 105 milioni di euro).
Ciò che ci si appresta in tempi brevi a fare è dunque:
indizione di gare pubbliche, con modalità telematiche a garanzia di trasparenza, integrità e maggiore celerità;
attuazione di interventi coerenti con le scelte tecnico-scientifiche e con le priorità della sicurezza del patrimonio, secondo il programma scientifico approvato dal Consiglio Superiore dei beni culturali;
rispetto di un calendario rigoroso, che a oggi prevede: a fine marzo 5 bandi per consolidamento e restauro di 5 domus; a metà aprile bando per la riduzione del rischio idrogeologico nel terrapieno delle Regiones III e IX, ossia l’area interessata dal crollo del novembre 2010 lungo via dell’Abbondanza; entro il 31 luglio bandi per la messa in sicurezza di tre Regiones e bando per il consolidamento e il restauro delle murature e degli apparati decorativi, e l’apertura al pubblico di almeno una domus lungo il percorso di visita, al momento chiusa; entro il 31 dicembre 2012 bandi per la messa in sicurezza delle altre cinque Regiones (in tutto sono nove). Il progetto si concluderà auspicabilmente a fine 2015;
pubblicazione di un elenco di ulteriori interventi da finanziare mediante sponsor privati, in applicazione della procedura semplificata prevista dal decreto legge n. 34 del 2011 su Pompei, in modo da valorizzare l’apporto, anche economico, dei privati;
avvio di un dibattito aperto a tutti gli interessati, sul piano scientifico-disciplinare e sul piano degli impatti economico-sociali. È la filosofia dell’open project, anche questa assai apprezzata in ambito UE.
La predisposizione di questo piano non ha peraltro resa inoperosa la locale Soprintendenza sul fronte dei necessari interventi rispetto ai danni localizzati e ricorrenti. La Soprintendenza interviene con fondi propri e, come nel caso del distacco di intonaco degli ultimi giorni, con il proprio laboratorio di restauro. I 25 giovani neo-assunti lavoreranno tutti esclusivamente su Pompei. Sono stati organizzati in squadre intersettoriali, per procedere alla ricognizione immediata dei danni e alla messa in sicurezza dei più critici.
Nel concludere, devo ricordare che, in questo quadro di condivisione di opportunità e di assunzione di responsabilità, il ruolo degli enti territoriali – Regione, Provincia e soprattutto Comune – si rivela cruciale. A tal fine, insieme con i Ministeri della Coesione Territoriale e dell’Interno, si aprirà fra poche settimane un tavolo di consultazione (e, successivamente, di decisione) con tali enti. Alla consapevolezza che la salvaguardia di Pompei è di inestimabile valore per la vitalità e la credibilità della cultura italiana nel mondo, si unisce intatti la convinzione che una buona e corretta impostazione dell’annosa questione di questo sito archeologico porta necessariamente con sé il fondamentale obiettivo dello sviluppo economico-sociale del territorio circostante.
Di seguito riportiamo il testo integrale dell’intervento:
Il consueto, iniziale ringraziamento agli Onorevoli interroganti è, in questo caso, nient’affatto rituale. È un ringraziamento sentito. Confido infatti che, sulla base di questa risposta, ciò che il Governo intende fare per Pompei, e sta già concretamente facendo con l’avvio di un nuovo programma, richiami l’attenzione dell’opinione pubblica. Sono convinto che, se da un lato le vigili cronache sulla situazione del sito di Pompei corrispondono soprattutto all’accresciuta sensibilità dei cittadini rispetto alla buona conservazione e alla fruizione del nostro inestimabile patrimonio culturale, dall’altro lato si accentui il rischio che la dilatazione degli elementi pur reali di allarme non solo produca un senso di ansia diffusa e domande di soluzioni immediate, ma anche oscuri l’approccio scientifico e operativo con cui si sta cercando di affrontare la questione.
I danni al patrimonio archeologico esposto alle intemperie – quindi, a tutto il patrimonio archeologico e non solo dell’area di Pompei – si sono sempre verificati. Nel passato lontano e più recente si è non infrequentemente posto rimedio a tali danni, con modalità che l’avanzamento delle tecnologie fa oggi considerare inadeguate e in qualche caso dannose.
Anche Pompei, area scavata di oltre 66 ettari, con i resti degli edifici del I secolo privi di copertura ed esposti agli effetti climatici, da oltre 250 anni subisce danni alle strutture murarie e agli apparati decorativi. A tali danni si è posto rimedio con le azioni di restauro; e, per gli interventi di urgenza, con azioni immediate e localizzate di messa in sicurezza. È fuorviante ritenere che sia esistita una mitica età felice e fortunata, in cui consistenti maestranze statali specializzate operavano giorno per giorno la manutenzione programmata del sito, così evitando o riducendo il pericolo di danni irreparabili. Non per caso l’area aperta al pubblico è sempre stata ridotta. Consueto è stato invece l’operare su due piani: quello degli interventi di urgenza su danni localizzati, e quello di parziali interventi di consolidamento e restauro di singole aree o domus.
Questi due livelli di azione, pur ancora necessari, tuttavia non bastano più. E per la prima volta ci si trova di fronte all’urgenza di un progetto complessivo, e oltremodo complesso, in grado di affrontare in forma interconnessa i principali problemi di Pompei. Li elenco: 1) la riduzione del rischio idrogeologico, con la messa in sicurezza dei terrapieni non scavati; 2) la messa in sicurezza delle insulae; 3) il consolidamento e restauro delle murature; 4) il consolidamento e restauro delle superfici decorate; 5) la protezione degli edifici dalle intemperie, con conseguente aumento delle aree visitabili; 6) il potenziamento del sistema di videosorveglianza.
Tale progetto è sostenuto e accompagnato da un rigoroso piano di studio scientifico e tecnico, con il rilievo e la restituzione tridimensionale, finalizzato alle diagnosi, all’approfondimento della conoscenza scientifica e al necessario orientamento delle imminenti scelte operative.
Il piano presenta numerose e significative novità. Novità di metodo, innanzi tutto. Esso infatti è un modello di “cooperazione interistituzionale rafforzata”, che è stato molto apprezzato dall’Unione Europea. Tale piano, inoltre, intende non solo mettere in campo sia le migliori forze e capacità del MIBAC, sia le competenze dei più autorevoli studiosi ed esperti nazionali e internazionali, ma è anche frutto dell’intesa con i Ministeri della Coesione Territoriale e dell’Interno. Insieme con i colleghi di questi dicasteri, oltre che con il Ministro del MIUR e con l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, ho già sottoscritto un “protocollo di legalità” con l’obiettivo di garantire legalità e trasparenza nella gestione delle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea (che ammontano, lo ricordo, a 105 milioni di euro).
Ciò che ci si appresta in tempi brevi a fare è dunque:
indizione di gare pubbliche, con modalità telematiche a garanzia di trasparenza, integrità e maggiore celerità;
attuazione di interventi coerenti con le scelte tecnico-scientifiche e con le priorità della sicurezza del patrimonio, secondo il programma scientifico approvato dal Consiglio Superiore dei beni culturali;
rispetto di un calendario rigoroso, che a oggi prevede: a fine marzo 5 bandi per consolidamento e restauro di 5 domus; a metà aprile bando per la riduzione del rischio idrogeologico nel terrapieno delle Regiones III e IX, ossia l’area interessata dal crollo del novembre 2010 lungo via dell’Abbondanza; entro il 31 luglio bandi per la messa in sicurezza di tre Regiones e bando per il consolidamento e il restauro delle murature e degli apparati decorativi, e l’apertura al pubblico di almeno una domus lungo il percorso di visita, al momento chiusa; entro il 31 dicembre 2012 bandi per la messa in sicurezza delle altre cinque Regiones (in tutto sono nove). Il progetto si concluderà auspicabilmente a fine 2015;
pubblicazione di un elenco di ulteriori interventi da finanziare mediante sponsor privati, in applicazione della procedura semplificata prevista dal decreto legge n. 34 del 2011 su Pompei, in modo da valorizzare l’apporto, anche economico, dei privati;
avvio di un dibattito aperto a tutti gli interessati, sul piano scientifico-disciplinare e sul piano degli impatti economico-sociali. È la filosofia dell’open project, anche questa assai apprezzata in ambito UE.
La predisposizione di questo piano non ha peraltro resa inoperosa la locale Soprintendenza sul fronte dei necessari interventi rispetto ai danni localizzati e ricorrenti. La Soprintendenza interviene con fondi propri e, come nel caso del distacco di intonaco degli ultimi giorni, con il proprio laboratorio di restauro. I 25 giovani neo-assunti lavoreranno tutti esclusivamente su Pompei. Sono stati organizzati in squadre intersettoriali, per procedere alla ricognizione immediata dei danni e alla messa in sicurezza dei più critici.
Nel concludere, devo ricordare che, in questo quadro di condivisione di opportunità e di assunzione di responsabilità, il ruolo degli enti territoriali – Regione, Provincia e soprattutto Comune – si rivela cruciale. A tal fine, insieme con i Ministeri della Coesione Territoriale e dell’Interno, si aprirà fra poche settimane un tavolo di consultazione (e, successivamente, di decisione) con tali enti. Alla consapevolezza che la salvaguardia di Pompei è di inestimabile valore per la vitalità e la credibilità della cultura italiana nel mondo, si unisce intatti la convinzione che una buona e corretta impostazione dell’annosa questione di questo sito archeologico porta necessariamente con sé il fondamentale obiettivo dello sviluppo economico-sociale del territorio circostante.