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lunedì 9 aprile 2012

Nella piazza della fontana si sogna il Medioevo...


Vigoleno è un borgo-castello dove tutto sembra, pur nella ristrettezza dello spazio, un labirinto in cui non sai mai dove ti trovi, se nel borgo ottocentesco o nel castello medievaleggiante, tanto si specchiano l'uno nell'altro.

Nonostante qualche "falso storico" e le trasformazioni subite nel tempo, Vigoleno ha ancora una grande forza evocativa. Ciò che più impressiona, a guardare dalla pianura, sono le ampie distese di pietra del borgo arroccato, che vengono a formare la mirabile curva delle mura avvolgenti, la sequenza ritmica delle merlature, le torri, i bastioni e poi, dentro, le vie brevi e strette.

Su questa pietra si riflettono, a ogni ora del giorno, le varie condizioni di luce creando atmosfere indefinibili. Le suggestioni iniziano subito dopo aver superato il portone d'ingresso al borgo, un tempo dotato di ponte levatoio, entrando nella piazza della fontana, con le sue visuali chiuse, la frammentazione dello spazio, le prospettive oblique.

Sul lato est della piazza si nota la volta esterna a botte, in muratura, di un ampio vano sotterraneo: è la cisterna, collegata alle cantine del castello, utilizzata nei secoli passati per le necessità d'acqua degli abitanti.

L'acqua, il forno, il pozzo, la cappella dei vivi e dei morti, i depositi delle farine e del vino: Vigoleno è un esempio perfetto della logica abitativa del medioevo.
Sull'altro lato della piazza sorge la chiesa di S. Giorgio, in stile romanico, anche se rimaneggiata nel corso dei secoli.

Completata nel 1223 ma iniziata probabilmente intorno alla metà del XII secolo, la pieve ha un bellissimo portale che si fa ammirare per i fregi dell'arco, le cariatidi che sostengono l'architrave, la lunetta con il bassorilievo del santo.

 

La facciata è in pietra locale grigia dai riflessi dorati; l'interno, è austero, pervaso dalla penombra da cui emergono meravigliosi i capitelli delle colonne con decorazioni proprie dell'arte romanica: figure antropozoomorfe, volute e fogliami che sembrano accompagnare il fedele nel suo percorso mistico verso l'altare.

Qui sono venuti alla luce affreschi del XV secolo fra cui spicca il S. Giorgio che uccide il drago del catino absidale.
Doveva invece essere la cappella del castello l'oratorio della Beata Vergine delle Grazie, costruzione secentesca di impianto tardo-manieristico (iniziata nel 1604) che presenta un'elegante facciata nei colori caldi del tufo. Il timpano racchiude lo stemma degli Scotti e l'interno, semplice e austero, conserva l'affresco della Vergine che allatta racchiuso in una fastosa ancona seicentesca.

Ora, dalla piazza della fontana, non resta che superare la soglia ed entrare nel castello.
Le stanze sembrano rincorrersi l'un l'altra e c'è un teatrino di gusto settecentesco affrescato dal pittore russo Alexandre Jacovleff per la principessa Ruspoli Gramont.