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venerdì 9 marzo 2012

Alessandro Algardi

L'avvento al pontificato di Innocenzo X (1644) durante il quale il Bernini, almeno inizialmente, era caduto in disgrazia, segnò l'apogeo della fortuna di un altro notevole scultore, Alessandro Algardi.
Conosciuto soprattutto come rivale di Bernini, Alessandro Algardi non visse di luce riflessa, ma mostrò costantemente una sua autonoma e forte individualità che lo portò ad essere idolatrato dagli studiosi del suo tempo e ammirato dalla aristocrazia romana, che ritrovava nel suo stile il modo migliore per esprimere la propria dignità e nobiltà. In effetti il mondo artistico di quegli anni era diviso tra Barocco e Classicismo, cioé tra la passionalità e l’animazione berniniana e la compostezza ed il rigore a volte velato di malinconia dell’Algardi.
Nato nel 1595 a Bologna dove, indirizzato dapprima allo studio delle lettere, si iscrisse in seguito all'Accademia di Ludovico Carracci che fu da lui considerato maestro anche nella scultura più dell'oscuro Giulio Cesare Conventi dal quale apprese la pratica di quest'arte. Nel 1622 si recò a Mantova presso il duca Ferdinando Gonzaga nella collezione del quale potè conoscere la scultura classica che tanto ascendente esercitò sul suo indirizzo stilistico: esperienza del classico che proseguì quando, dopo un breve soggiorno a Venezia, nel 1625 si trasferì a Roma dove si dedicò al restauro delle statue antiche, che allora consisteva nell'aggiungere i pezzi mancanti alle mutile testimonianze della scultura ellenistico-romana. A Roma si legò d'amicizia col famoso pittore Domenichino, suo conterraneo, il quale, stando all'abate Bellori suo biografo, «non solo l'istruiva nelle cose dell'arte», ma lo propose per due statue in stucco della Maddalena e di San Giovanni Evangelista per le nicchie della cappella Bandini in San Silvestro al Quirinale (1628-29)


per la quale aveva già eseguito due statue il Mochi: e fu forse l'esempio di questi, oltre alla statuaria ellenistica, a tener lontana la plastica algardiana dal tumultuoso gusto chiaroscurale di quella del Bernini per avviarla a quella pacata e diffusa luminosità che avvolge le superfici delle sue sculture.
Mal però ne fu ripagato il Mochi quando nel 1645 l'Algardi riuscì, mediante intrighi, a togliergli la commissione del senato romano per una statua di bronzo di Innocenzo X da porre nel palazzo dei Conservatori, la quale è uno dei suoi capolavori per la vivacità del gesto benedicente e per la saldezza della costruzione animata dall'intenso gioco chiaroscurale degli ampi paramenti.


Precedentemente, nel 1634, era stata commessa all'Algardi la tomba di Leone XI, papa per ventisette giorni, inaugurato in San Pietro nel 1652: opera alquanto freddina, eseguita con la collaborazione di aiuti cui appartengono le statue della Prudenza e della Liberalità e che si fa apprezzare soprattutto per l'elegante bassorilievo del sarcofago.


La fortuna dell'Algardi raggiunse il suo apice nel 1650 quando, in occasione dell'Anno Santo, venne esposto in San Pietro il modello in gesso a grandezza naturale della colossale pala marmorea con la Fuga di Attila che, commessagli nel 1645, fu da lui terminata nel 1653. Enfatica e fredda al tempo stesso, essa sembra la traduzione plastica di una tela carraccesca anche per la macchinosa suddivisione in due parti, quella bassa con le due figure affrontate di Leone Magno e del piroettante Attila e quella superiore con San Pietro e San Paolo che si precipitano "in picchiata"; e non del tutto risolto appare il rapporto tra l'aggettare dei primi piani e il carattere quasi grafico delle immagini retrostanti: onde, per apprezzare le qualità dell'Algardi, conviene considerare a parte la bellissima e quasi ansiosa figura del personaggio accoccolato dietro al papa che con plastica potenza e ricchezza di piani erompe fuori della cornice del quadro.


Diversamente da quelle del Bernini, che si direbbero concepite di getto, le opere dell'Algardi appaiono il frutto di una laboriosa e meditata gestazione, testimoniata anche dalla lunghezza dei tempi in cui furono eseguite: fu questo anche il caso del gruppo della Decollazione di San Paolo iniziata nel 1634 su commissione della famiglia Spada per l'omonima chiesa di Bologna e non ancora terminata nel 1641 e dalla modellazione analiticamente ricercata.


Attivo anche come architetto e abilissimo stuccatore-decoratore, l'Algardi fu un eccellente ritrattista e il suo capolavoro in tal genere è il busto di donna Olimpia Maidalchini (Roma, Galleria Borghese), la potente cognata di Innocenzo X, per l'ardito motivo del grande velo che si inarca a fare ala a quel volto di virtuosa e matura matrona romana improntato da un autoritario cipiglio.


L'Algardi morì a Roma il 10 giugno 1654.

Fonte: http://www.scultura-italiana.com/