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giovedì 1 marzo 2012

Giovanni Battista Caccia, il don Rodrigo storico

di Laura Savani

Don RodrigoNel 1931 fu dato alle stampe un libro intitolato "Un don Rodrigo della bassa Valsesia" a cura del novarese Alessandro Viglio. Lo scrittore, nel suo libro, avanzava la tesi che Manzoni avesse letto alcuni documenti riguardanti gli atti del processo di un certo Giovanni Battista Caccia, o Caccetta, e che se ne fosse servito per delinerare il personaggio di don Rodrigo. Un'ipotesi, del resto, non improbabile, tenendo conto che il processo e l'esecuzione capitale del Caccetta avevano lasciato un ricordo indelebile nel Milanese.
Vediamo di far luce sulla vicenda che ispirò Manzoni per i suoi "Promessi Sposi".
Siamo sul finire del XVI secolo, Giovanni Battista Caccia, nato il 22 luglio 1571, nel castello di Briona, è il discendente di una famiglia di castellani, vescovi, militari e giuristi ma che alla fine del 1500 non è certo florida. "Uomo vivace, risentito, altiero e di grandi pensieri", dovette incontrare non poche difficoltà nel cercare di ripristinare gli antichi privilegi feudali della sua famiglia e, in più, dovette sentire come un'umiliazione il nomignolo che i contemporanei gli avevano affibbiato a causa del suo aspetto gracile e minuto: "Caccetta".

Il castello di Briona, fortezza medievale tra Novara e Varallo

A vent'anni Caccia sposa Antonietta Tornielli dalla quale gli nasce il figlio Gregorio e, nonostante gli esordi, diviene in breve tempo il capo riconosciuto di tutti i vari don Rodrigo del territorio che prendono ordini da lui senza fiatare. Ma non solo: intrattiene rapporti anche con Carlo Emanuele I di Savoia e con il duca di Parma, mantiene uomini d'arme ed è sospettato di tramare contro la Spagna. Quest'ultimo, forse, il vero motivo per cui finì i suoi giorni sul patibolo, anche se nella sentenza il motivo ufficiale fu l'accusa dei "molti omicidi".

Questo matrimonio non s'ha da fare

Pochi anni dopo il matrimonio Caccia viene colto da improvvisa passione per una certa Margherita Casati, giovane e bella vedova, promessa sposa di Agostino Canobio, giovane scapestrato, pronto ad ogni genere di avventure. Agostino era l'esempio perfetto della classe dei nuovi ricchi, di quelli che salivano mentre i feudatari erano in discesa. Di lui è ancora presente un ritratto che lo rappresenta a ventisette anni, addobbato con broccati, ricami, pizzi e gorgiera; un giovin signore di inizio Seicento.


La prima vittima dell'improvvisa e bruciante passione del Caccia per la bella Margherita è la moglie Antonietta Tornielli; si dice che la nobildonna sia stata uccisa con delle focacce avvelenate ma nessuno sporge denuncia per l'accaduto. L'unico che chiede protezione al Tribunale, in quei giorni, è il canonico Serafino de' Conti, che avrebbe dovuto celebrare il matrimonio di Agostino Canobio e Margherita Casati. Egli racconta di essere stato minacciato di morte da Tomaso Crabbia, un uomo del Caccia.
Subito dopo questo fatto viene ucciso, dagli sgherri del Caccia, lo zio di Agostino, Ottavio Canobio, "reo" di aver fatto fuggire in una località segreta la bella Margherita. Siamo nell'anno 1600 e Caccia, a questo punto, viene condannato a morte. Per non essere preso si rifugia con i suoi uomini a Gattinara dove inizia la sua guerra personale contro Agostino, il quale però, muore inaspettatamente nel 1602, forse di morte naturale, o forse no, senza essere riuscito ad impalmare la bella Margherita.


Il Caccia viene catturato poco dopo, tradito dal duca di Savoia e dal conte di Gattinara che lo consegnano agli spagnoli. Il processo, svoltosi a Milano, fu uno dei più clamorosi del tempo. Il Caccia verrà decapitato in corso di Porta Tosa, a Milano, nel settembre del 1609, dopo un processo durato sette anni e dopo una lunga permanenza nelle carceri di Milano e di Pavia.
Della bella Margherita non si avranno più notizie.