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martedì 13 marzo 2012

Prego, segnalateci la 'bellezza inutile'

Mi sono imbattuto, nelle mie ricerche, nell'articolo di Michele Brancale che trovo provocatorio e utile.
L'idea che sottende è la stessa che ho proposto anch'io nelle mie lezioni di storia medievale e devo dire, con un certo sollievo, che mi fa piacere non essere solo...

L'inutile fa respirare. L'inutile serve. C'è un'inutilità che non si compra, proprio perché è così essenziale a vivere, ad affinare il gusto di ciò che è bello davvero
 
San Miniato a Marciana
San Miniato a Marciana
 
Firenze, 13 marzo 2012 - Spiacenti. Dateci qualcosa di inutile, anzi ce lo prendiamo da soli.
L'inutile fa respirare. L'inutile serve. C'è un'inutilità che non si compra, proprio perché è così essenziale a vivere, ad affinare il gusto di ciò che è bello davvero. Ciò che è bello così è gratuito, anche se considerato “minore”. La chiesa in una piazza, in un tratto di campagna, laddove è collocata, restituisce un spazio di contemplazione, anche fuggevole nella fretta quotidiana, che però fa la differenza.

Levate da Firenze Santa Maria del Fiore e la città non è più la stessa.
Non sarebbe stata quella che è senza quella collina del bello intorno alla quale, al posto di un cimitero, si è sviluppato il battistero, simbolo di vita, e la città antica. “Il futuro dipende anche dai monumenti sconosciuti”, spiega Luca Nannipieri, direttore del Centro studi umanistici dell'Abbazia di San Savino, che porta un esempio: "Se andiamo a Pisa, qualunque persona ci indicherebbe piazza dei Miracoli e la famosissima Torre pendente come la bellezza per eccellenza della città, la sua bellezza maggiore e indiscutibile. Eppure prendiamo l'auto e rechiamoci a pochissimi chilometri di distanza: andiamo a Marciana e guardiamo la chiesa di San Miniato, già documentata nell'XI secolo e sconosciutissima oggi. E' una chiesa in pietra con il campanile a vela: è così essenziale nella forma che non sapresti che cosa aggiungere e che togliere”.

Spostiamoci un poco, saliamo al Corniolo, nel territorio di Firenzuola. Attorno alla piccola chiesetta rimasta, lentamente stanno rimettendo a posto le case del borgo.
“Le bellezze minori – attacca Nannipieri - sono quelle più esposte al degrado e all'incuria e paradossalmente sono quelle dove noi rintracciamo un senso ultimo di comunità, introvabile altrove. Attorno ai monumenti che non sono riconosciuti come bene comune e non attraggono considerevolmente l'interesse dei turisti e delle amministrazioni, molto spesso si crea una comunità di persone che, non volendosi rassegnare a che il loro monumento sia destinato alla cancellazione e all'oblio, si adopera e si impegna affinché quella bellezza, per loro così centrale, non venga perduta nel tempo”. Che statuto dare a persone e comunità che svolgono questo prezioso lavoro?
Gli Stati, soprattutto quelli più sviluppati, hanno oggi a un livello più o meno profondo, la sensibilità per quella manifestazione del bello che è l'arte: l'arte di quell'edificio, di quel quadro, di quella statua, di quella pieve, di quel paesaggio modellato dalla cura degli esseri umani. Nell'operare una scelta di protezione e promozione, gli Stati con i ministeri competenti e il relativo personale operano una selezione, anche necessaria, a fronte del patrimonio che c'è. Tuttavia questa scelta comporta un distacco dal vissuto, nel quali invece si colloca il “bello esperienzato”, il bello “meno ufficiale” che Nannipieri, in un suo saggio chiama, in modo evocativo, 'La bellezza inutile' (Jaka Book). Viene posto il problema delle persone, delle associazioni, dei gruppi che tengono in vita la “bellezza inutile”, quella meno o non tutelata e che invece dà il senso alla vita di una comunità, alla frequenza con cui qualcuno ritorna in quel luogo, davanti a quell'opera. E' proprio questo vivere l'opera che dà senso ad essa e che le consente di darne, ne rende incommensurabile il valore anche quando è un'opera minore, un ruscello rispetto al mare. C'è dunque da dare statuto a tutto questo, riconoscergli un'evidenza non residuale. Il ragionamento di Nannipieri punta al profondo, alla comprensione effettiva di quello che consideriamo 'patrimonio: “Patrimonio – dice - è una parola che deriva del latino ed è composta da pater, cioè padre, è munus, cioè compito. Alla lettera vuol dire semplicemente: il compito del padre, ovvero ciò che appartiene al padre, ciò che gli spetta. Ma se azzardiamo una più libera interpretazione, possiamo dire che patrimonio è ciò che i padri lasciano in consegna ai figli, cioè ciò che i padri debbono (munus, compito) lasciare in consegno ai figli”.
Non è una consegna puramente generica, ma che ha valore di compito, di dovere, di impegno. Tramandare una ricchezza “non significa genericamente o tecnicamente conservarla bene nel tempo per lasciarla ai nostri figli, ma dare significato agli occhi dei figli di quanto quella realtà sia una ricchezza, un bene centrale. Questo è il lascito, una trasmissione non di beni ma di attenzioni. Questo è il compito che sta dentro la parola 'patrimonio'. Ogni discorso sui beni culturali dovrebbe partire da qui”. In attesa di una normativa che aiuti e che dia riconosciuta dignità a questi processi, conoscete “bellezze inutili”? Segnalatele. (http://www.lanazione.it/firenze/cronaca/2012/03/13/680250-prego_segnalateci_bellezza_inutile.shtml)
                                                                                                                                              Michele Brancale