di Marco Ferri
I restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze al lavoro sull’Adorazione dei Magi di Leonardo. Fotografia di Alberto Novelli
Si è appena spenta l'eco dei risultati della prima indagine endoscopica alla ricerca de La battaglia di Anghiari, ed ecco un'altra rivelazione: se "il nero di Lionardo era più nero del nero", come lo definì Giorgio Vasari, e quello trovato oltre l'intercapedine della parete est del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio ha la stessa composizione chimica di quello della Monna Lisa e del San Giovanni Battista del Louvre, anche la lacca rossa - estratta con la sonda endoscopica dallo stesso muro - ha delle "fortissime analogie con quella presente su un'altra opera di Leonardo: l'Adorazione dei Magi".
Ad affermarlo è lo stesso responsabile della ricerca in atto a Firenze, l'ingegner Maurizio Seracini, che negli ultimi 20 anni ha ampiamente studiato la grande tavola di Leonardo. E non è la sola opera che presenta questa caratteristica di affinità: "anche altre opere del genio di Vinci”, ha aggiunto Seracini "databili sempre alla prima metà degli Ottanta del XV secolo, dimostrano l'utilizzo di una lacca dello stesso tipo di quella estratta dalla parete est del Salone dei Cinquecento".
La grande tavola incompiuta,
Ad affermarlo è lo stesso responsabile della ricerca in atto a Firenze, l'ingegner Maurizio Seracini, che negli ultimi 20 anni ha ampiamente studiato la grande tavola di Leonardo. E non è la sola opera che presenta questa caratteristica di affinità: "anche altre opere del genio di Vinci”, ha aggiunto Seracini "databili sempre alla prima metà degli Ottanta del XV secolo, dimostrano l'utilizzo di una lacca dello stesso tipo di quella estratta dalla parete est del Salone dei Cinquecento".
La grande tavola incompiuta,
attualmente nel laboratorio restauri dell'Opificio delle Pietre Dure, alla Fortezza da Basso, da alcuni mesi è al centro di una nuova (la terza) campagna di analisi diagnostiche per stabilire lo stato del manto pittorico e delle vernici. Seracini la studiò a fondo agli inizi degli anni Novanta dello scorso secolo e nel 2002. Proprio la presenza del capolavoro fuori dagli Uffizi, dove normalmente è custodita, potrebbe aprire la strada a ulteriori analisi "mirate", per dimostrare l'identica composizione della lacca della tavola rispetto sia a quella estratta dal muro, sia a quella usata per altre pitture da Leonardo.
Le prove
In ogni caso questa della lacca è un'evidenza che spinge, secondo Seracini, "a non parlare più di indizi ma di prove. E chi non le capisce è perché non le vuol capire". Le "prove" cui fa riferimento l'ingegnere fiorentino sono di tipo sia documentario, sia fisico.
Per motivi di brevità, durante l'affollata conferenza stampa di lunedì scorso in Palazzo Vecchio, Seracini non ha potuto illustrare tutti i documenti che indicano la presenza di Leonardo nel Salone dei Cinquecento.
Come la tamponatura, all'inizio del 1505, delle due finestre che si trovavano proprio sulla parete destinata a ospitare La battaglia di Anghiari di Leonardo e La battaglia di Cascina di Michelangelo, per lasciare entrare la luce solo da ponente, attraverso le restanti altre 4 finestre contrapposte alla parete est, sì da permettere ai due geni di lavorare in condizioni di luce ottimali; come il documento in cui Francesco Albertini nel 1510 fa riferimento a "li cavalli di Lionardo e li disegni di Michelangiolo"; come la ricevuta, del 1513, di pagamento di ben 43 braccia di assi (oltre 25 metri) per proteggere "le figure dipinte di mano di Lionardo"; come il Codice Magliabechiano del 1540 in cui si descrive la pittura "che ancora si vede et in vernice". E infine, come l'apertura di una porta sulla parete ovest del Salone (in corrispondenza dell'attuale entrata nello Studiolo di Francesco I) nell'agosto 1508 - cioè 2 anni dopo la realizzazione della pittura murale - dalla quale un giorno, nel 1549, sarebbe entrato Anton Francesco Doni che avrebbe poi descritto ciò che i suoi occhi vedevano: "un gruppo di cavalli e d'uomini (un pezzo della battaglia di Lionardo da Vinci) che vi parrà cosa miracolosa".
Il futuro della ricerca
Di fronte a simili rilevanze documentarie e alle prove scientifiche fin qui ottenute, Seracini è certo che la direzione intrapresa è quella giusta e che la ricerca "può solo proseguire". Il docente dell'Università della California è sicuro che la porzione dell'affresco di Vasari, La battaglia di Marciano della Chiana, oltre la quale è maggiore la probabilità di trovare tracce materiali della pittura murale di Leonardo, è il quarto inferiore sinistro. Ed è lì che vanno concentrati gli sforzi. La mappatura delle aree dell'affresco vasariano interessate ai restauri della fine dell'Ottocento e inizio Novecento è già stata effettuata dai tecnici dell'Opificio. Per cui Seracini adesso attende precise indicazioni per poter continuare la sua "caccia". Stavolta però con molte più frecce nella sua faretra.
Le prove
In ogni caso questa della lacca è un'evidenza che spinge, secondo Seracini, "a non parlare più di indizi ma di prove. E chi non le capisce è perché non le vuol capire". Le "prove" cui fa riferimento l'ingegnere fiorentino sono di tipo sia documentario, sia fisico.
Per motivi di brevità, durante l'affollata conferenza stampa di lunedì scorso in Palazzo Vecchio, Seracini non ha potuto illustrare tutti i documenti che indicano la presenza di Leonardo nel Salone dei Cinquecento.
Come la tamponatura, all'inizio del 1505, delle due finestre che si trovavano proprio sulla parete destinata a ospitare La battaglia di Anghiari di Leonardo e La battaglia di Cascina di Michelangelo, per lasciare entrare la luce solo da ponente, attraverso le restanti altre 4 finestre contrapposte alla parete est, sì da permettere ai due geni di lavorare in condizioni di luce ottimali; come il documento in cui Francesco Albertini nel 1510 fa riferimento a "li cavalli di Lionardo e li disegni di Michelangiolo"; come la ricevuta, del 1513, di pagamento di ben 43 braccia di assi (oltre 25 metri) per proteggere "le figure dipinte di mano di Lionardo"; come il Codice Magliabechiano del 1540 in cui si descrive la pittura "che ancora si vede et in vernice". E infine, come l'apertura di una porta sulla parete ovest del Salone (in corrispondenza dell'attuale entrata nello Studiolo di Francesco I) nell'agosto 1508 - cioè 2 anni dopo la realizzazione della pittura murale - dalla quale un giorno, nel 1549, sarebbe entrato Anton Francesco Doni che avrebbe poi descritto ciò che i suoi occhi vedevano: "un gruppo di cavalli e d'uomini (un pezzo della battaglia di Lionardo da Vinci) che vi parrà cosa miracolosa".
Il futuro della ricerca
Di fronte a simili rilevanze documentarie e alle prove scientifiche fin qui ottenute, Seracini è certo che la direzione intrapresa è quella giusta e che la ricerca "può solo proseguire". Il docente dell'Università della California è sicuro che la porzione dell'affresco di Vasari, La battaglia di Marciano della Chiana, oltre la quale è maggiore la probabilità di trovare tracce materiali della pittura murale di Leonardo, è il quarto inferiore sinistro. Ed è lì che vanno concentrati gli sforzi. La mappatura delle aree dell'affresco vasariano interessate ai restauri della fine dell'Ottocento e inizio Novecento è già stata effettuata dai tecnici dell'Opificio. Per cui Seracini adesso attende precise indicazioni per poter continuare la sua "caccia". Stavolta però con molte più frecce nella sua faretra.